IL COMMISSARIO DELLA PROVINCIA DI FOGGIA NON DECIDE SULLA AMMISSIBILITA’ DELLA ISTANZA REFERENDARIA DEL COMITATO “DAUNIA CHIAMA MOLISE” E IL COMITATO RICORRE AL TAR DI BARI…


Premessa

Con Decreto del Presidente della Repubblica n.121 del 25 Maggio 2013, dott. Costantini Fabio, prefetto a riposo, veniva nominato commissario straordinario “per la provvisoria gestione dell’ente (provincia di Foggia), fino all’elezione dei nuovi organi provinciali, a norma di legge”. Al predetto commissario, erano “conferiti i poteri spettanti al consiglio provinciale, alla giunta ed al presidente”.

In data 26 Luglio 2013 il Comitato “Daunia chiama Molise” chiedeva al Commissario Costantini, di esprimere un parere di ammissibilità o inammissibilità dell’istanza referendaria del 7 Agosto 2012, già “sospesa” per ben due volte, la prima il Settembre 2012 e la seconda, il 10 Aprile 2013, dalla Commissione consiliare paritetica della provincia di Foggia.

E’ importante ricordare che, a norma del Regolamento per il referendum della provincia di Foggia, la Commissione avrebbe dovuto esprimere la ammissibilità o inammissibilità della istanza referendaria del Comitato, esclusivamente in ordine al quesito, sul piano tecnico, nel rigore della legge allora vigente e, non aveva il potere di sospenderla sulla previsione di una riforma in corso d’opera, non tenendo conto del criterio generale dettato dall’art. 11 delle preleggi.

Come è noto a tutti i giuristi il nostro ordinamento giuridico è regolato, alla base e prima di tutto, da principi generali, quelli dettati dalla carta costituzionale e dalle preleggi approvate preliminarmente al codice civile in vigore nonchè dai principi generali dettati per le altre branche del diritto. Trattasi di regole fondamentali (jus generalis) che non possono essere derogate da leggi speciali.

Ebbene l’art. 11 delle preleggi, al primo comma, detta una regola generale fondamentale recitando testualmente: “la legge non dispone che per l’avvenire. Essa non ha effetto retroattivo”.

Accadde allora che, nello stesso periodo nel quale la Commissione provinciale sospendeva il giudizio di ammissibilità o inammissibilità nel Settembre del 2012, bloccando di fatto l’iniziativa referendaria del Comitato, la Corte di Cassazione approvava l’istanza referendaria della provincia di Piacenza, per il passaggio dall’Emilia Romagna alla Lombardia.

Sbagliammo nel non fare subito ricorso al TAR.
Non indaghiamo in questo articolo sulle ragioni per le quali non facemmo ricorso…

Il Commissario rispondeva in data 26 Luglio 2013 (il Comitato ricevette la risposta scritta in data 17 Ottobre)sottoscrivendo quanto segue: “Con riferimento alla richiesta in oggetto si comunica che lo scrivente non può allo stato, fornire alcun parere in ordine alla ammissibilità del referendum per le ragioni che sinteticamente si espongono come segue.
In primis rileva la previsione normativa degli ex artt. 8 e 9 del vigente regolamento per il referendum consultivo della provincia di Foggia, cui è affidata la pronuncia sulla ammissibilità previa verifica della conformità alla legislazione vigent, allo stauto e allo stesso regololamento: orbene è di tutta evidenza che le funzioni della Commissione non possono essere assunte da altri organi….”.
“Secondariamente è noto l’attuale stato di iniziative governative relativamente al futuro delle provincedi cui si prospetta la soppressione sicchè, un parere sull’ammissibilità non può prescindere dalla sussistenza di un regimegiuridico certo in materia”.

Amen (aggiungiamo noi).

Evidentemente il Commissario non aveva tenuto conto dell’art. 11 delle preleggi, al primo comma il quale detta una regola generale fondamentale recitando testualmente: “la legge non dispone che per l’avvenire. Essa non ha effetto retroattivo”. E così pure la Commissione provinciale.

Sentendoci lesi in un proprio interesse legittimo, il Comitato referendario “Daunia chiama Molise”, decide di seguire la via del ricorso al TAR (di Bari poiché la competenza di ciascun TAR comprende i ricorsi volti contro atti di Enti o di organi la cui sfera di azione si svolga esclusivamente nell’ambito regionale).

Legge

IL RICORSO AL TAR

Contro l’Amministrazione provinciale di Foggia….

Premesso
…. che, per il perseguimento dell’obiettivo di cui al punto precedente, tutte le attività del Comitato sono svolte in riferimento esclusivo all’art. 132 comma 2 della Costituzione della Repubblica italiana, come modificato dall’art. 9 comma 1 della Legge costituzionale n. 3 del 2001, che recita: “si può, con l’approvazione della maggioranza della popolazione della Provincia interessata o delle Province interessate e del Comune o dei Comuni interessati espressa mediante “referendum” e con legge della Repubblica, sentiti i Consigli regionali, consentire che Province e Comuni, che ne facciano richiesta, siano staccati da una Regione ed aggregati ad un’altra”;

… che il Comitato, in data 7 Agosto 2012, ha presentato presso l’Ufficio Protocollo della Provincia di Foggia regolare istanza referendaria (doc. n.3), attenendosi alle citate regole, con il seguente quesito referendario: “Volete che il territorio della Provincia di Foggia sia separato dalla Regione Puglia per entrare a far parte integrante della Regione Molise ?”;

… che a seguito di tale istanza e come previsto dal Regolamento citato, si è costituita la Commissione Consiliare Paritetica per il Referendum, presieduta dal suo Presidente, dr. Filippo Re, la quale, dopo rituale seduta in data 21/9/2012, ha disposto (doc.n.4) la “… sospensione del procedimento diretto alla pronuncia dell’ammissibilità o inammissibilità dell’istanza referendaria in attesa del completamento dell’iter procedimentale per il riordino delle province, previsto dagli artt. 17 e 18 del decreto letto n. 95/2012 convertito in legge n. 135/2012”;

… che la Commissione Consiliare, con provvedimento emesso nella seduta del 10/4/2013 (doc. n.6), ha confermato la precedente decisione del 21 Settembre 2012 anche a fronte della mancata conversione del D.L. 188/12 soggiungendo che … qualora il procedimento di riorganizzazione delle Province di cui agli artt. 17 e 18 del DL n.95/2012 convertito dalla legge n.135/2012 fosse completato e/o annullato, a seguito di ulteriori disposizioni legislative, la Commissione sarebbe orientata a valutare favorevolmente l’ammissibilità della richiesta referendaria”…..

MOTIVI

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-1) Violazione di legge per sostenuta erronea incompetenza.

Come già sottolineato in premessa, in conseguenza della fine della legislatura provinciale foggiana, il Commissario Straordinario, ai sensi del D.P.R. 16/5/13 in G.U. 25/5/2013 n. 121, ha assunto i poteri spettanti al Consiglio Provinciale, alla Giunta ed al Presidente della Provincia. Di conseguenza egli assommava anche la funzione spettante alla Commissione Consiliare Paritetica cui, per Regolamento Provinciale, è demandato il compito di emettere pareri (peraltro squisitamente tecnici per quanto si dirà in seguito) in ordine alla ammissibilità o meno di eventuali quesiti referendari che fossero proposti dai cittadini costituitisi in forma di comitato ai sensi degli artt. 39 e seguenti Cod. Civ.
Ciò posto, il Commissario, subentrato nelle funzioni della Commissione, avrebbe dovuto esprimere semplicemente il parere tecnico in conformità alla legislazione vigente, allo Statuto e Regolamento provinciali invece di ritenersi incompetente come in sostanza ha dichiarato.

Nell’espletamento del loro compito il Commissario o la Commissione (ove fosse stata ancora in carica) dovevano semplicemente valutare la proponibilità, sul piano lessicale e logico, del quesito referendario “Volete che il territorio della Provincia di Foggia sia separato dalla Regione Puglia per entrare a far parte integrante della Regione Molise ?”: e ciò senza peraltro esprimere valutazioni di tipo politico ovvero di opportunità e convenienza rispetto alle intenzioni future del legislatore poiché la norma del regolamento prevede la sola possibilità di esprimere ammissibilità o inammissibilità oppure di chiedere la riformulazione del quesito ove esso non apparisse comprensibile. La norma del Regolamento provinciale di Foggia per il referendum, infatti, conferisce alla Commissione Consiliare Paritetica il solo potere di sciogliere dubbi sulla chiarezza ed univocità del quesito e non anche quello di disporre la sospensione dell’iter procedimentale sulla base di leggi a venire ed in fase di progettazione.
Il provvedimento impugnato con il presente atto, contiene contestualmente due errori, che lo rendono nullo ed illegittimo, che di seguito si riassumono.

-2) Erronea interpretazione del DPR 16/5/13 in G.U. 25/5/2013 n. 121.

Nel caso di specie il Commissario ha dichiarato, sostanzialmente negando il parere richiesto, che gli era inibito esprimerlo non potendo assumere le funzioni della Commissione sciolta. Ma così non è in quanto egli, come detto, assumeva le funzioni, in toto, del Consiglio, della Giunta e della Presidenza dell’Ente e di conseguenza anche degli organi interinali, diretta espressione di quelli principali in linea con i poteri conferitigli.
Ed invece il Commissario Straordinario, dr. Fabio Costantini, si è ritenuto incompetente affermando testualmente che “… le funzioni della Commissione non possono essere assunte da altri organi, pur in assenza della stessa ma devesi attenderne la nuova costituzione e ciò in ragione della specifica composizione soggettiva della stessa e degli interessi rappresentati in relazione alla comunità provinciale”.

A parte la scarsa chiarezza del concetto che si vuole esprimere non è chi non veda come, seguendo il discorso logico manifestato, il Comitato odierno ricorrente dovrebbe attendere probabilmente un tempo indefinito ed eccessivamente lungo con il rischio di non poter più inseguire le pur legittime aspettative di un territorio provinciale: aspettative che potrebbero rimanere lettera morta e non più realizzabili per iniziativa di quel territorio.

-3) Violazione della legislazione vigente in materia di referendum.

Il provvedimento del Commissario Straordinario è errato nella espressione del secondo motivo, con cui nella sostanza nega il parere ripetendosi il medesimo errore logico-giuridico contenuto nei provvedimenti richiamati della Commissione Paritetica sciolta, laddove richiama le “iniziative governative relativamente al futuro delle province, di cui si prospetta la soppressione, sicché un parere sulla ammissibilità non può prescindere dalla sussistenza di un regime giuridico certo in materia”. Il commissario non si avvede che quello da lui espresso è un rilievo di tipo politico-legislativo.
La Commissione Paritetica, prima, ed il Commissario Straordinario, dopo, avrebbero dovuto esprimere l’ammissibilità semplicemente in ordine al quesito, sul piano tecnico, nel vigore della legislazione vigente, come dettato dallo stesso Regolamento referendario della Provincia di Foggia, per non incorrere in errori che avrebbero potuto essere censurati legalmente nel successivo iter.
Infatti, a ben vedere, la procedura di riordino delle Province alla quale hanno fatto richiamo sia la Commissione Consiliare che il Commissario straordinario nell’emissione del parere di sospensione, di per sé non era e non è preclusiva della possibilità di attivare l’iter di variazione territoriale richiesto.

Sia la Commissione che il Commissario straordinario non si avvedono del fatto che l’art. 17 del D.L. 95/2012 convertito dalla legge 7/8/2012 n. 135, che hanno previsto il riordino del territorio, è normativa nuova non ancora in vigore poiché detta tutto un iter procedimentale che dovrebbe essere in vigore solo alla sua ultimazione ed al suo completamento con appositi decreti attuativi. Mentre non può sfuggire il rilievo che, ancora oggi, è in vigore la vecchia normativa e le province non sono state ancora soppresse. Come è evidente, trattasi di normativa a venire che va prima approvata definitivamente e quindi applicata di fatto alla gestione del territorio dello Stato.

E’ paradossale, poi, che l’errore contenuto nel provvedimento del Commissario straordinario sopravvenga in momento successivo sia alla mancata conversione di un decreto legge che, nelle intenzioni del governo Monti, doveva proseguire l’iter di riordino territoriale, sia alla pronuncia della Consulta, richiamata nella premessa, di cui avrebbe dovuto tener conto.
E difatti, dopo la mancata conversione del D.L. 188/2012, per cui la riforma del riordino delle province era rimasta inattuata, la Corte Costituzionale con sentenza n. 220/2013, ha addirittura dichiarato incostituzionale la normativa del decreto-legge n. 201/2011 (convertito nella legge n. 214/2011) e del decreto-legge n. 95/2012 (convertito nella legge n. 135/2012) inerenti le Province ed il riordino del territorio. Sicché, sul piano logico-giuridico, il parere espresso col provvedimento impugnato, al pari di quelli espressi in precedenza dalla Commissione Paritetica in occasione della prima istanza referendaria, davvero appare incomprensibile a fronte della normativa in vigore mai abrogata dall’iter normativo iniziato dal governo e dichiarato incostituzionale totalmente.

Come è evidente, quindi, le decisioni della Commissione Paritetica, prima, e quella del Commissario Straordinario oggi impugnata, poi, costituiscono una indubbia e palese violazione della norma della Costituzione (art. 132 comma 2°) mai modificata, della legislazione referendaria statale in vigore nonché della normativa del regolamento provinciale foggiano sul referendum.

Vero è che, ad esempio, a riprova della bontà delle superiori argomentazioni, è accaduto che, nello stesso periodo nel quale la Commissione Paritetica Consiliare della Provincia di Foggia sospendeva ogni giudizio sulla ammissibilità dell’istanza referendaria presentata dal Comitato “Daunia chiama Molise” bloccandone di fatto per molti mesi ogni attività, l’Ufficio centrale per il Referendum presso la Corte di Cassazione, il 18 Ottobre 2012, ha approvato la richiesta di Referendum presentata dal Consiglio provinciale di Piacenza per il passaggio dalla Regione Emilia Romagna alla Lombardia. E ciò proprio perché il Supremo Collegio, nel dichiarare ammissibile quel referendum, ha ritenuto che l’iter intrapreso dal governo nazionale di riordino del territorio, non essendo legislazione nuova già in vigore che abrogasse quella invece vigente, non fosse di ostacolo e quindi non avesse alcuna influenza su quella istanza referendaria.

-4) Ingiusta violazione di interessi legittimi per un istanza referendaria ritenuta ammissibile.

La Costituzione nazionale, nel dettare l’art. 132, pone a disposizione dei cittadini il diritto di esprimere liberamente le proprie aspirazioni storico-culturali in relazione alla composizione territoriale di appartenenza nel culto delle proprie tradizioni. Ha quindi previsto l’iter da percorrere nell’esercizio di una facoltà che rispecchia interessi legittimi di ciascun cittadino di quel territorio. In tal modo la Carta costituzionale ha posto una riserva di iniziativa a favore degli enti locali per ogni intervento che incida, anche in maniera radicale, sul territorio esaltando in questo modo quella concezione pluralista della democrazia nella quale gli enti locali fungono da cerniera di collegamento di istanze che provengono dal basso e che anche la legge costituzionale è chiamata a rispettare.

Alla realizzazione di simili aspettative si è dunque ispirata l’iniziativa del comitato ricorrente nel proporre il quesito referendario riportato in premessa, risultandone ingiustamente vanificata con la violazione del dettato costituzionale in conseguenza della interruzione dell’iter negandosi sostanzialmente il parere di ammissibilità da parte della commissione e, da ultimo, da parte del Commissario straordinario.

Pur tuttavia la istanza referendaria, sebbene valutata favorevolmente dalla Commissione Paritetica nella seduta del 10/4/2013 rispetto alla sua ammissibilità, si è vista ingiustamente bloccata nel suo iter sia dal Commissario Straordinario che dalla Commissione Paritetica, per motivi di opportunità politico-legislativa: aspetto che, nel modo più assoluto non competeva a nessuno dei due organi. In tal modo è stato disatteso un sacrosanto interesse legittimo facente capo ad una grossa zona territoriale nazionale.

Anche a voler ritenere opportuna la decisione del commissario in vista delle future modifiche che dovessero essere operate dal governo, non è chi non veda come resti frustrata, sine die, la istanza referendaria del comitato ricorrente, portavoce di legittimi interessi ed aspettative ingiustamente compressi, di una parte della popolazione del territorio di Capitanata, mediante la sospensione dell’iter di espletamento della consultazione referendaria.
Anche l’eventuale mutamento della natura giuridica delle Province comunque, non può precludere l’avvio della procedura referendaria, pena il venir meno del diritto all’autodeterminazione delle popolazioni interessate (ordinanze n. 264/2010 Corte cost e n. 11/2011 Corte cost.).

-5) Violazione dell’art. 11 delle preleggi.

Il Commissario Straordinario, e prima di lui la Commissione Paritetica, nell’interrompere l’iter diretto alla pronuncia dell’ammissibilità o inammissibilità dell’istanza referendaria del Comitato ricorrente in attesa del completamento dell’iter procedimentale per il riordino delle province, non ha tenuto conto del criterio generale dettato dall’art. 11 delle preleggi che costituisce principio generale dell’ordinamento giuridico italiano (jus generalis) che non può essere derogato da leggi speciali.

Il primo comma dell’art. 11 delle preleggi detta la regola fondamentale per la quale la legge non dispone che per l’avvenire e non ha effetto retroattivo. Ed infatti un noto principio della Cassazione Civile, dettato dalla massima Cass. Civ. Sez. I n. 3308 del 17/3/92, da considerarsi jus receptum trattandosi di principio rimasto costante, sancisce espressamente che la retroattività dello jus superveniens (le nuove normative emanande dallo Stato) può avere solo carattere eccezionale e deve essere sancita espressamente o quanto meno risultare in modo non equivoco dalla stessa normativa nuova.

Ebbene le disposizioni di cui all’art. 17 del D.L. 95/2012, convertito dalla legge 7/8/2012 n. 135, concernenti il riordino delle province, non prevedevano il carattere di retroattività del riordino e quindi non potevano avere carattere novativo rispetto al passato con la conseguenza che, comunque, avrebbero disposto solo per l’avvenire e dopo il completamento di tutto l’iter cui davano inizio: iter che, come già ricordato, si è poi interrotto con la declaratoria di illegittimità della Corte Costituzionale con la recente sentenza 220/13.

Anche sotto tale profilo il parere negativo espresso dal Commissario si palesa ancor più illegittimo e viola tutta la normativa vigente in materia di referendum quale libera espressione della volontà popolare.

Per i motivi sopra esposti, con riserva di motivi aggiunti, il Comitato ricorrente, come sopra rappresentato e difeso,

C H I E D E

che l’On.le Tribunale adìto, previa fissazione dell’udienza di discussione, voglia accogliere, nel contraddittorio legittimo delle parti, le seguenti conclusioni:

-in accoglimento del presente ricorso dichiarare illegittimo, conseguentemente annullandolo, il provvedimento della Amm.ne Provinciale di Foggia, a firma del Commissario Straordinario della Provincia di Foggia, Dott. Fabio Costantini, datato 21/8/2013, prot. 2013/0000063709, notificato a mezzo fax il 17/10/2013, indicato in epigrafe, unitamente ad ogni altro atto comunque connesso o conseguente a tale provvedimento, precedente o successivo, con ogni conseguenza in ordine alla sua efficacia e validità;

-in conseguenza di quanto sopra e preso atto della sua conformità alla legislazione vigente in materia di referendum, allo Statuto provinciale ed al Regolamento provinciale per il referendum, allegato al presente atto, accertare e dichiarare la ammissibilità della istanza referendaria proposta dal Comitato istante, che qui si abbia per ritrascritta, con i connessi provvedimenti;

-in conseguenza della dichiarata ammissibilità della istanza referendaria e del quesito referendario come proposto, ordinare alla Amministrazione Provinciale di Foggia, in persona del Commissario Straordinario, legale rappresentante, di porre in essere tutte le attività successive alla ammissibilità della proposta referendaria e di cui agli artt. 10 e seguenti del Regolamento per il referendum consultivo della Provincia di Foggia allegato alla deliberazione provinciale n. 2 del 21/3/2003, riportato nel testo accluso al fascicolo di parte ricorrente;

-condannare l’amministrazione provinciale convenuta al pagamento, in favore del Comitato ricorrente, delle spese e compensi di procedura, con distrazione a favore dello scrivente procuratore che si dichiara antistatario.

Il presente atto viene notificato anche alla Regione Puglia, in persona del Presidente pro tempore e legale rappresentante, quale Ente e soggetto controinteressato alle provvidenze richieste.

Foggia-Bari, 14 dicembre 2013.

Giuseppe Mucciarone (presidente del Comitato “Daunia chiama Molise”)

Vincenzo Concilio (segretario del Comitato “Daunia chiama Molise”) autore dell’articolo.

La risposta del TAR sarà oggetto del prossimo articolo.

L’iter procedimentale per il riordino delle Province: un intricato labirinto legislativo che, complica il percorso referendario del Comitato “Daunia chiama Molise”.


L’iter procedimentale per il riordino delle Province: un intricato labirinto legislativo che, complica il percorso referendario del Comitato “Daunia chiama Molise”.

Nella storia della filosofia antica la relazione causale ha indicato l’esistenza di una condizione necessaria tra i fatti dell’esperienza che vengono interpretati come tra loro collegati da un rapporto di causa-effetto. Aristotele considera il sapere legato alla conoscenza delle cause: verum scire est scire per causas.

La filosofia dell’età moderna approfondì il concetto di causa efficiente facendolo coincidere con quello di legge o connessione causale dove il rapporto causa-effetto è rappresentato da grandezze misurabili matematicamente.

Se così fosse, l’edifico razionale matematico, ci metterebbe tutti d’accordo ma qui, siamo di fronte ad un vero e proprio labirinto la cui storia è complessa, intricata e affascinante, così come lo sono i percorsi che li strutturano.

 Labirinto

L’immagine del labirinto rimanda nell’immediatezza ad un percorso intricato e difficile da superare, ma può rivestirsi anche di un fascino particolare se lo si intende come sfida all’intelligenza umana, la quale a sua volta, si mette alla prova nel tentare di trovare una via d’uscita. Probabilmente il duello intellettuale non risiede nella volontà di vincere il coacervo di corridoi percorribili, ma nel semplice tentativo d’affrontarlo.

Dunque, dove eravamo rimasti? Ah si, alla decisione della Commissione Paritetica Consiliare della Provincia di Foggia che così disponeva: In conformità alla proposta formulata dal Rup Avv. Sergio Delvino, si dispone la sospensione del procedimento diretto alla ammissibilità o inammissibilità dell’istanza referendaria in attesa dell’iter procedimentale per il riordino delle Province, previsto dagli artt.17 e 18 del DL n.95/2012 convertito in Legge n.135/2012…”.

 Da qui riprende il nostro racconto…

* * * * *

Come noto, l’Art. 17 del DL 6 Luglio 2012 n.95, recante “Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica…”, stabiliva che “… tutte le province delle regioni a statuto ordinario esistenti alla data in vigore del presente decreto, sono oggetto di riordino…” …”…sulla base di requisiti minimi da individuarsi nella dimensione territoriale e nella popolazione residente…”, “fatte salve le province nel cui territorio si trova il capoluogo di regione”. “In esito al riordino…., assume il ruolo di capoluogo di regione delle singole province il comune già capoluogo di provincia con maggiore popolazione residente…”.

Sulla base dei criteri esposti, le province pugliesi che sopravvivevano al riordino, erano Foggia e Lecce mentre venivano soppresse quelle di Brindisi, Taranto da integrarsi in quella di Lecce e, Barletta-Andria-Trani da integrarsi in quella di Foggia.

Il riordino delle province era ipotizzato in tempi brevi, al massimo entro Ottobre 2012.

La Legge 7 Agosto 2012 n.135 operava la conversione con modificazioni, del DL 6 Luglio 2012 n.95 (GU n.189 del 14 Agosto 2012) trasferendo ai comuni le funzioni amministrative conferite alle province, da individuarsi con Decreto del Consiglio dei Ministri, “da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto…”.

Altro rimando della Legge n.135: “Con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri, … da adottare entro centottanta giorni … si provvede alla puntuale individuazione delle risorse finanziarie, umane, strumentali e organizzative connesse all’esercizio delle funzioni stesse ed al loro conseguente trasferimento dalla provincia ai comuni interessati…”.

Con la caduta del Governo Monti, dopo le dimissioni avvenute il 21 dicembre 2012, venivano meno, gli ulteriori decreti attuativi.

Mappa province di Italia

Ritorniamo così alla proposta formulata dal Rup Responsabile unico del procedimento, Avv. Delvino per il quale, nella relazione presentata alla Commissione Consiliare Paritetica del 17 Settembre 2012, così scrive: “Tanto premesso, al fine di valutare l’istanza referendaria in oggetto, appare evidente che il procedimento di riordino ha incidenza determinante sotto il profilo della ammissibilità della istanza medesima. Infatti, all’esame della normativa innanzi enunciata, si rileva che il procedimento è tuttora in itinere, ragion per cui, allo stato, l’iniziativa referendaria in questione non può trovare luogo”.

Secondo l’Avv. Delvino, “… E’ agevole osservare che a tutt’oggi risulta attuato il primo segmento procedimentale costituito dalla Deliberazione del Consiglio dei Ministri adottata il 20/07/2012 … e che le successive fasi del procedimento scansionate cronologicamente nella normativa citata dovranno essere attivate dagli organi a cui normativamente sono attribuiti i poteri di emettere i relativi atti.

La sottolineatura è nostra ed intende evidenziare che, si il procedimento è in itinere che, mancano le successive fasi che dovranno essere attivate ma che, non lo saranno proprio a causa della caduta del Governo a guida Monti.

Intanto i mesi trascorrono lentamente…

Foglie

Il 27 Marzo 2013, il Comitato “Daunia chiama Molise”, tramite l’Avv. Giuseppe Mucciarone, componente del Comitato, presentava sollecito scritto al Segretario generale della Provincia nonché Presidente della Commissione Consiliare Paritetica, dott. Re, affinchè egli potesse nella sua qualità, “riconvocare con urgenza la Commissione per il completamento del procedimento cui è deputata, ancora sospeso senza alcuna valida giustificazione soprattutto alla luce della mancata conversione del DL 188/2012”, invitandolo a farlo “entro i termini di regolamento e comunque prima della naturale scadenza del mandato dei consiglieri nominati. Con ogni utile riserva nel caso di mancata ottemperanza”.

In pratica, la mancata conversione del DL 188/2012 aveva interrotto l’iter procedimentale al quale si riferiva l’Avv. Delvino ed aveva perciò ripreso vigore la previgente normativa.

Ciò era confermato sul sito del Governo italiano ove, il 9 Dicembre 2012 si poteva leggere in uno studio del Dipartimento Riforme Istituzionali sulla mancata conversione delle province che, si era creata una situazione di caos istituzionale per la quale, “… le città metropolitane restano istituite soltanto sulla carta; i perimetri e le dimensioni delle province restano uguali a quelli attuali (rinascono 35 province)…”.

Ma la Commissione Consiliare Paritetica nel verbale del 10 Aprile 2013 era irremovibile: “Determina di confermare la decisione assunta con precedente verbale del 21 Settembre 2012, non essendo mutato il quadro normativo di riferimento”.

Così sia.