IL COMMISSARIO DELLA PROVINCIA DI FOGGIA NON DECIDE SULLA AMMISSIBILITA’ DELLA ISTANZA REFERENDARIA DEL COMITATO “DAUNIA CHIAMA MOLISE” E IL COMITATO RICORRE AL TAR DI BARI…


Premessa

Con Decreto del Presidente della Repubblica n.121 del 25 Maggio 2013, dott. Costantini Fabio, prefetto a riposo, veniva nominato commissario straordinario “per la provvisoria gestione dell’ente (provincia di Foggia), fino all’elezione dei nuovi organi provinciali, a norma di legge”. Al predetto commissario, erano “conferiti i poteri spettanti al consiglio provinciale, alla giunta ed al presidente”.

In data 26 Luglio 2013 il Comitato “Daunia chiama Molise” chiedeva al Commissario Costantini, di esprimere un parere di ammissibilità o inammissibilità dell’istanza referendaria del 7 Agosto 2012, già “sospesa” per ben due volte, la prima il Settembre 2012 e la seconda, il 10 Aprile 2013, dalla Commissione consiliare paritetica della provincia di Foggia.

E’ importante ricordare che, a norma del Regolamento per il referendum della provincia di Foggia, la Commissione avrebbe dovuto esprimere la ammissibilità o inammissibilità della istanza referendaria del Comitato, esclusivamente in ordine al quesito, sul piano tecnico, nel rigore della legge allora vigente e, non aveva il potere di sospenderla sulla previsione di una riforma in corso d’opera, non tenendo conto del criterio generale dettato dall’art. 11 delle preleggi.

Come è noto a tutti i giuristi il nostro ordinamento giuridico è regolato, alla base e prima di tutto, da principi generali, quelli dettati dalla carta costituzionale e dalle preleggi approvate preliminarmente al codice civile in vigore nonchè dai principi generali dettati per le altre branche del diritto. Trattasi di regole fondamentali (jus generalis) che non possono essere derogate da leggi speciali.

Ebbene l’art. 11 delle preleggi, al primo comma, detta una regola generale fondamentale recitando testualmente: “la legge non dispone che per l’avvenire. Essa non ha effetto retroattivo”.

Accadde allora che, nello stesso periodo nel quale la Commissione provinciale sospendeva il giudizio di ammissibilità o inammissibilità nel Settembre del 2012, bloccando di fatto l’iniziativa referendaria del Comitato, la Corte di Cassazione approvava l’istanza referendaria della provincia di Piacenza, per il passaggio dall’Emilia Romagna alla Lombardia.

Sbagliammo nel non fare subito ricorso al TAR.
Non indaghiamo in questo articolo sulle ragioni per le quali non facemmo ricorso…

Il Commissario rispondeva in data 26 Luglio 2013 (il Comitato ricevette la risposta scritta in data 17 Ottobre)sottoscrivendo quanto segue: “Con riferimento alla richiesta in oggetto si comunica che lo scrivente non può allo stato, fornire alcun parere in ordine alla ammissibilità del referendum per le ragioni che sinteticamente si espongono come segue.
In primis rileva la previsione normativa degli ex artt. 8 e 9 del vigente regolamento per il referendum consultivo della provincia di Foggia, cui è affidata la pronuncia sulla ammissibilità previa verifica della conformità alla legislazione vigent, allo stauto e allo stesso regololamento: orbene è di tutta evidenza che le funzioni della Commissione non possono essere assunte da altri organi….”.
“Secondariamente è noto l’attuale stato di iniziative governative relativamente al futuro delle provincedi cui si prospetta la soppressione sicchè, un parere sull’ammissibilità non può prescindere dalla sussistenza di un regimegiuridico certo in materia”.

Amen (aggiungiamo noi).

Evidentemente il Commissario non aveva tenuto conto dell’art. 11 delle preleggi, al primo comma il quale detta una regola generale fondamentale recitando testualmente: “la legge non dispone che per l’avvenire. Essa non ha effetto retroattivo”. E così pure la Commissione provinciale.

Sentendoci lesi in un proprio interesse legittimo, il Comitato referendario “Daunia chiama Molise”, decide di seguire la via del ricorso al TAR (di Bari poiché la competenza di ciascun TAR comprende i ricorsi volti contro atti di Enti o di organi la cui sfera di azione si svolga esclusivamente nell’ambito regionale).

Legge

IL RICORSO AL TAR

Contro l’Amministrazione provinciale di Foggia….

Premesso
…. che, per il perseguimento dell’obiettivo di cui al punto precedente, tutte le attività del Comitato sono svolte in riferimento esclusivo all’art. 132 comma 2 della Costituzione della Repubblica italiana, come modificato dall’art. 9 comma 1 della Legge costituzionale n. 3 del 2001, che recita: “si può, con l’approvazione della maggioranza della popolazione della Provincia interessata o delle Province interessate e del Comune o dei Comuni interessati espressa mediante “referendum” e con legge della Repubblica, sentiti i Consigli regionali, consentire che Province e Comuni, che ne facciano richiesta, siano staccati da una Regione ed aggregati ad un’altra”;

… che il Comitato, in data 7 Agosto 2012, ha presentato presso l’Ufficio Protocollo della Provincia di Foggia regolare istanza referendaria (doc. n.3), attenendosi alle citate regole, con il seguente quesito referendario: “Volete che il territorio della Provincia di Foggia sia separato dalla Regione Puglia per entrare a far parte integrante della Regione Molise ?”;

… che a seguito di tale istanza e come previsto dal Regolamento citato, si è costituita la Commissione Consiliare Paritetica per il Referendum, presieduta dal suo Presidente, dr. Filippo Re, la quale, dopo rituale seduta in data 21/9/2012, ha disposto (doc.n.4) la “… sospensione del procedimento diretto alla pronuncia dell’ammissibilità o inammissibilità dell’istanza referendaria in attesa del completamento dell’iter procedimentale per il riordino delle province, previsto dagli artt. 17 e 18 del decreto letto n. 95/2012 convertito in legge n. 135/2012”;

… che la Commissione Consiliare, con provvedimento emesso nella seduta del 10/4/2013 (doc. n.6), ha confermato la precedente decisione del 21 Settembre 2012 anche a fronte della mancata conversione del D.L. 188/12 soggiungendo che … qualora il procedimento di riorganizzazione delle Province di cui agli artt. 17 e 18 del DL n.95/2012 convertito dalla legge n.135/2012 fosse completato e/o annullato, a seguito di ulteriori disposizioni legislative, la Commissione sarebbe orientata a valutare favorevolmente l’ammissibilità della richiesta referendaria”…..

MOTIVI

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-1) Violazione di legge per sostenuta erronea incompetenza.

Come già sottolineato in premessa, in conseguenza della fine della legislatura provinciale foggiana, il Commissario Straordinario, ai sensi del D.P.R. 16/5/13 in G.U. 25/5/2013 n. 121, ha assunto i poteri spettanti al Consiglio Provinciale, alla Giunta ed al Presidente della Provincia. Di conseguenza egli assommava anche la funzione spettante alla Commissione Consiliare Paritetica cui, per Regolamento Provinciale, è demandato il compito di emettere pareri (peraltro squisitamente tecnici per quanto si dirà in seguito) in ordine alla ammissibilità o meno di eventuali quesiti referendari che fossero proposti dai cittadini costituitisi in forma di comitato ai sensi degli artt. 39 e seguenti Cod. Civ.
Ciò posto, il Commissario, subentrato nelle funzioni della Commissione, avrebbe dovuto esprimere semplicemente il parere tecnico in conformità alla legislazione vigente, allo Statuto e Regolamento provinciali invece di ritenersi incompetente come in sostanza ha dichiarato.

Nell’espletamento del loro compito il Commissario o la Commissione (ove fosse stata ancora in carica) dovevano semplicemente valutare la proponibilità, sul piano lessicale e logico, del quesito referendario “Volete che il territorio della Provincia di Foggia sia separato dalla Regione Puglia per entrare a far parte integrante della Regione Molise ?”: e ciò senza peraltro esprimere valutazioni di tipo politico ovvero di opportunità e convenienza rispetto alle intenzioni future del legislatore poiché la norma del regolamento prevede la sola possibilità di esprimere ammissibilità o inammissibilità oppure di chiedere la riformulazione del quesito ove esso non apparisse comprensibile. La norma del Regolamento provinciale di Foggia per il referendum, infatti, conferisce alla Commissione Consiliare Paritetica il solo potere di sciogliere dubbi sulla chiarezza ed univocità del quesito e non anche quello di disporre la sospensione dell’iter procedimentale sulla base di leggi a venire ed in fase di progettazione.
Il provvedimento impugnato con il presente atto, contiene contestualmente due errori, che lo rendono nullo ed illegittimo, che di seguito si riassumono.

-2) Erronea interpretazione del DPR 16/5/13 in G.U. 25/5/2013 n. 121.

Nel caso di specie il Commissario ha dichiarato, sostanzialmente negando il parere richiesto, che gli era inibito esprimerlo non potendo assumere le funzioni della Commissione sciolta. Ma così non è in quanto egli, come detto, assumeva le funzioni, in toto, del Consiglio, della Giunta e della Presidenza dell’Ente e di conseguenza anche degli organi interinali, diretta espressione di quelli principali in linea con i poteri conferitigli.
Ed invece il Commissario Straordinario, dr. Fabio Costantini, si è ritenuto incompetente affermando testualmente che “… le funzioni della Commissione non possono essere assunte da altri organi, pur in assenza della stessa ma devesi attenderne la nuova costituzione e ciò in ragione della specifica composizione soggettiva della stessa e degli interessi rappresentati in relazione alla comunità provinciale”.

A parte la scarsa chiarezza del concetto che si vuole esprimere non è chi non veda come, seguendo il discorso logico manifestato, il Comitato odierno ricorrente dovrebbe attendere probabilmente un tempo indefinito ed eccessivamente lungo con il rischio di non poter più inseguire le pur legittime aspettative di un territorio provinciale: aspettative che potrebbero rimanere lettera morta e non più realizzabili per iniziativa di quel territorio.

-3) Violazione della legislazione vigente in materia di referendum.

Il provvedimento del Commissario Straordinario è errato nella espressione del secondo motivo, con cui nella sostanza nega il parere ripetendosi il medesimo errore logico-giuridico contenuto nei provvedimenti richiamati della Commissione Paritetica sciolta, laddove richiama le “iniziative governative relativamente al futuro delle province, di cui si prospetta la soppressione, sicché un parere sulla ammissibilità non può prescindere dalla sussistenza di un regime giuridico certo in materia”. Il commissario non si avvede che quello da lui espresso è un rilievo di tipo politico-legislativo.
La Commissione Paritetica, prima, ed il Commissario Straordinario, dopo, avrebbero dovuto esprimere l’ammissibilità semplicemente in ordine al quesito, sul piano tecnico, nel vigore della legislazione vigente, come dettato dallo stesso Regolamento referendario della Provincia di Foggia, per non incorrere in errori che avrebbero potuto essere censurati legalmente nel successivo iter.
Infatti, a ben vedere, la procedura di riordino delle Province alla quale hanno fatto richiamo sia la Commissione Consiliare che il Commissario straordinario nell’emissione del parere di sospensione, di per sé non era e non è preclusiva della possibilità di attivare l’iter di variazione territoriale richiesto.

Sia la Commissione che il Commissario straordinario non si avvedono del fatto che l’art. 17 del D.L. 95/2012 convertito dalla legge 7/8/2012 n. 135, che hanno previsto il riordino del territorio, è normativa nuova non ancora in vigore poiché detta tutto un iter procedimentale che dovrebbe essere in vigore solo alla sua ultimazione ed al suo completamento con appositi decreti attuativi. Mentre non può sfuggire il rilievo che, ancora oggi, è in vigore la vecchia normativa e le province non sono state ancora soppresse. Come è evidente, trattasi di normativa a venire che va prima approvata definitivamente e quindi applicata di fatto alla gestione del territorio dello Stato.

E’ paradossale, poi, che l’errore contenuto nel provvedimento del Commissario straordinario sopravvenga in momento successivo sia alla mancata conversione di un decreto legge che, nelle intenzioni del governo Monti, doveva proseguire l’iter di riordino territoriale, sia alla pronuncia della Consulta, richiamata nella premessa, di cui avrebbe dovuto tener conto.
E difatti, dopo la mancata conversione del D.L. 188/2012, per cui la riforma del riordino delle province era rimasta inattuata, la Corte Costituzionale con sentenza n. 220/2013, ha addirittura dichiarato incostituzionale la normativa del decreto-legge n. 201/2011 (convertito nella legge n. 214/2011) e del decreto-legge n. 95/2012 (convertito nella legge n. 135/2012) inerenti le Province ed il riordino del territorio. Sicché, sul piano logico-giuridico, il parere espresso col provvedimento impugnato, al pari di quelli espressi in precedenza dalla Commissione Paritetica in occasione della prima istanza referendaria, davvero appare incomprensibile a fronte della normativa in vigore mai abrogata dall’iter normativo iniziato dal governo e dichiarato incostituzionale totalmente.

Come è evidente, quindi, le decisioni della Commissione Paritetica, prima, e quella del Commissario Straordinario oggi impugnata, poi, costituiscono una indubbia e palese violazione della norma della Costituzione (art. 132 comma 2°) mai modificata, della legislazione referendaria statale in vigore nonché della normativa del regolamento provinciale foggiano sul referendum.

Vero è che, ad esempio, a riprova della bontà delle superiori argomentazioni, è accaduto che, nello stesso periodo nel quale la Commissione Paritetica Consiliare della Provincia di Foggia sospendeva ogni giudizio sulla ammissibilità dell’istanza referendaria presentata dal Comitato “Daunia chiama Molise” bloccandone di fatto per molti mesi ogni attività, l’Ufficio centrale per il Referendum presso la Corte di Cassazione, il 18 Ottobre 2012, ha approvato la richiesta di Referendum presentata dal Consiglio provinciale di Piacenza per il passaggio dalla Regione Emilia Romagna alla Lombardia. E ciò proprio perché il Supremo Collegio, nel dichiarare ammissibile quel referendum, ha ritenuto che l’iter intrapreso dal governo nazionale di riordino del territorio, non essendo legislazione nuova già in vigore che abrogasse quella invece vigente, non fosse di ostacolo e quindi non avesse alcuna influenza su quella istanza referendaria.

-4) Ingiusta violazione di interessi legittimi per un istanza referendaria ritenuta ammissibile.

La Costituzione nazionale, nel dettare l’art. 132, pone a disposizione dei cittadini il diritto di esprimere liberamente le proprie aspirazioni storico-culturali in relazione alla composizione territoriale di appartenenza nel culto delle proprie tradizioni. Ha quindi previsto l’iter da percorrere nell’esercizio di una facoltà che rispecchia interessi legittimi di ciascun cittadino di quel territorio. In tal modo la Carta costituzionale ha posto una riserva di iniziativa a favore degli enti locali per ogni intervento che incida, anche in maniera radicale, sul territorio esaltando in questo modo quella concezione pluralista della democrazia nella quale gli enti locali fungono da cerniera di collegamento di istanze che provengono dal basso e che anche la legge costituzionale è chiamata a rispettare.

Alla realizzazione di simili aspettative si è dunque ispirata l’iniziativa del comitato ricorrente nel proporre il quesito referendario riportato in premessa, risultandone ingiustamente vanificata con la violazione del dettato costituzionale in conseguenza della interruzione dell’iter negandosi sostanzialmente il parere di ammissibilità da parte della commissione e, da ultimo, da parte del Commissario straordinario.

Pur tuttavia la istanza referendaria, sebbene valutata favorevolmente dalla Commissione Paritetica nella seduta del 10/4/2013 rispetto alla sua ammissibilità, si è vista ingiustamente bloccata nel suo iter sia dal Commissario Straordinario che dalla Commissione Paritetica, per motivi di opportunità politico-legislativa: aspetto che, nel modo più assoluto non competeva a nessuno dei due organi. In tal modo è stato disatteso un sacrosanto interesse legittimo facente capo ad una grossa zona territoriale nazionale.

Anche a voler ritenere opportuna la decisione del commissario in vista delle future modifiche che dovessero essere operate dal governo, non è chi non veda come resti frustrata, sine die, la istanza referendaria del comitato ricorrente, portavoce di legittimi interessi ed aspettative ingiustamente compressi, di una parte della popolazione del territorio di Capitanata, mediante la sospensione dell’iter di espletamento della consultazione referendaria.
Anche l’eventuale mutamento della natura giuridica delle Province comunque, non può precludere l’avvio della procedura referendaria, pena il venir meno del diritto all’autodeterminazione delle popolazioni interessate (ordinanze n. 264/2010 Corte cost e n. 11/2011 Corte cost.).

-5) Violazione dell’art. 11 delle preleggi.

Il Commissario Straordinario, e prima di lui la Commissione Paritetica, nell’interrompere l’iter diretto alla pronuncia dell’ammissibilità o inammissibilità dell’istanza referendaria del Comitato ricorrente in attesa del completamento dell’iter procedimentale per il riordino delle province, non ha tenuto conto del criterio generale dettato dall’art. 11 delle preleggi che costituisce principio generale dell’ordinamento giuridico italiano (jus generalis) che non può essere derogato da leggi speciali.

Il primo comma dell’art. 11 delle preleggi detta la regola fondamentale per la quale la legge non dispone che per l’avvenire e non ha effetto retroattivo. Ed infatti un noto principio della Cassazione Civile, dettato dalla massima Cass. Civ. Sez. I n. 3308 del 17/3/92, da considerarsi jus receptum trattandosi di principio rimasto costante, sancisce espressamente che la retroattività dello jus superveniens (le nuove normative emanande dallo Stato) può avere solo carattere eccezionale e deve essere sancita espressamente o quanto meno risultare in modo non equivoco dalla stessa normativa nuova.

Ebbene le disposizioni di cui all’art. 17 del D.L. 95/2012, convertito dalla legge 7/8/2012 n. 135, concernenti il riordino delle province, non prevedevano il carattere di retroattività del riordino e quindi non potevano avere carattere novativo rispetto al passato con la conseguenza che, comunque, avrebbero disposto solo per l’avvenire e dopo il completamento di tutto l’iter cui davano inizio: iter che, come già ricordato, si è poi interrotto con la declaratoria di illegittimità della Corte Costituzionale con la recente sentenza 220/13.

Anche sotto tale profilo il parere negativo espresso dal Commissario si palesa ancor più illegittimo e viola tutta la normativa vigente in materia di referendum quale libera espressione della volontà popolare.

Per i motivi sopra esposti, con riserva di motivi aggiunti, il Comitato ricorrente, come sopra rappresentato e difeso,

C H I E D E

che l’On.le Tribunale adìto, previa fissazione dell’udienza di discussione, voglia accogliere, nel contraddittorio legittimo delle parti, le seguenti conclusioni:

-in accoglimento del presente ricorso dichiarare illegittimo, conseguentemente annullandolo, il provvedimento della Amm.ne Provinciale di Foggia, a firma del Commissario Straordinario della Provincia di Foggia, Dott. Fabio Costantini, datato 21/8/2013, prot. 2013/0000063709, notificato a mezzo fax il 17/10/2013, indicato in epigrafe, unitamente ad ogni altro atto comunque connesso o conseguente a tale provvedimento, precedente o successivo, con ogni conseguenza in ordine alla sua efficacia e validità;

-in conseguenza di quanto sopra e preso atto della sua conformità alla legislazione vigente in materia di referendum, allo Statuto provinciale ed al Regolamento provinciale per il referendum, allegato al presente atto, accertare e dichiarare la ammissibilità della istanza referendaria proposta dal Comitato istante, che qui si abbia per ritrascritta, con i connessi provvedimenti;

-in conseguenza della dichiarata ammissibilità della istanza referendaria e del quesito referendario come proposto, ordinare alla Amministrazione Provinciale di Foggia, in persona del Commissario Straordinario, legale rappresentante, di porre in essere tutte le attività successive alla ammissibilità della proposta referendaria e di cui agli artt. 10 e seguenti del Regolamento per il referendum consultivo della Provincia di Foggia allegato alla deliberazione provinciale n. 2 del 21/3/2003, riportato nel testo accluso al fascicolo di parte ricorrente;

-condannare l’amministrazione provinciale convenuta al pagamento, in favore del Comitato ricorrente, delle spese e compensi di procedura, con distrazione a favore dello scrivente procuratore che si dichiara antistatario.

Il presente atto viene notificato anche alla Regione Puglia, in persona del Presidente pro tempore e legale rappresentante, quale Ente e soggetto controinteressato alle provvidenze richieste.

Foggia-Bari, 14 dicembre 2013.

Giuseppe Mucciarone (presidente del Comitato “Daunia chiama Molise”)

Vincenzo Concilio (segretario del Comitato “Daunia chiama Molise”) autore dell’articolo.

La risposta del TAR sarà oggetto del prossimo articolo.

BREVI CONSIDERAZIONI SUGLI ISTITUTI REFERENDARI NELL’AMMINISTRAZIONE E NEL GOVERNO LOCALE, SVOLTE IN RELAZIONE ALL’ISTANZA REFERENDARIA DEL COMITATO “DAUNIA CHIAMA MOLISE”…


Una delle giustificazioni che un politico consigliere della Provincia di Foggia addusse affinché non si deliberasse nella primavera del 2012, sulla istanza referendaria per l’integrazione della Capitanata nel Molise, riguardò la copertura dei costi del referendum.

Referendum

Pier Vincenzo Uleri, ricercatore di Scienza della Politica e studioso del fenomeno referendario, aveva posto nel passato, due tematiche che riguardavano una, i costi della democrazia e costi delle oligarchie e l’altra, l’importanza dell’istituto del referendum quale strumento per il controllo del governo locale.

“Non è tanto un problema di tecnica legislativa – egli scriveva – quanto di precise e ampie volontà politiche di circoscrivere e rendere politicamente inoffensivi gli istituti referendari nell’Amministrazione e nel governo locale”.

Secondo un dossier di Diego Galli dell’Associazione Luca Coscioni, “l’osservazione del fenomeno sembra infatti rivelare la presenza di una domanda di referendum in larga misura frenata dalle cornici istituzionali delineate negli statuti regionali e comunali, in primo luogo naturalmente il quorum di votanti per la validità della consultazione”.

E il caso del nostro Comitato referendario “Daunia chiama Molise” lo testimonia ampiamente visto che l’istanza referendaria per il passaggio della Capitanata dalla Puglia al Molise, come spiegato in altri articoli presenti sul blog, è ferma da oltre due anni.

GLI STATUTI DEGLI ENTI LOCALI…

L’articolo 6 del Testo unico sulle leggi degli enti locali 267/2000, nel disciplinare i contenuti e le modalità di approvazione degli statuti degli enti locali, prevede al comma 2 che lo Statuto del comune e della provincia, nel rispetto dei principi fissati dalla legge, stabilisca “le forme della partecipazione popolare” all’Amministrazione locale.

Il successivo articolo 8, nello specificare le forme con cui si attua la partecipazione dei cittadini alla vita amministrativa dell’ente, precisa che nello Statuto “devono essere previste forme di consultazione popolare, nonché procedure per l’ammissione di istanze, petizioni e proposte di cittadini singoli o associati”.

L’ultimo periodo del comma 3 aggiunge: “Possono essere altresì previsti referendum anche su richiesta di un adeguato numero di cittadini”.

E’ per questo che il Regolamento del Referendum della Provincia di Foggia prevede all’Art. 10, che “dal giorno successivo all’ammissibilità della proposta di referendum, il Comitato promotore può procedere alla raccolta delle firme degli aventi diritto che, dovranno essere presentate alla Commissione per il Referendum, entro 120 giorni”. Cosicché, le firme da raccogliere “in numero non inferiore a 10.000, devono essere autenticate nelle forme previste dalla legge elettorale e apposte su moduli stampati a cura del Comitato promotore”.

La previsione legislativa consente di ritenere che, proprio in forza dell’articolo 7 del T.U., i regolamenti siano atti necessitati e obbligatori. Ogni qual volta cioè, lo Statuto comunale rinvii la disciplina delle modalità operative di un istituto ad un regolamento attuativo, l’ente sarà tenuto ad adottare l’atto regolamentare, secondo quanto disposto dall’articolo 7 del T.U.
Tale considerazione trova completa attuazione anche in relazione all’istituto referendario.

IL NOSTRO REFERENDUM…

Logo del Comitato referendario "Daunia chiama Molise"
Logo del Comitato referendario “Daunia chiama Molise”

Per rimanere al nostro caso, se l’art.9 del Regolamento referendario della Provincia di Foggia stabilisce che la Commissione paritetica consiliare “verifica la conformità alla legislazione vigente” dell’istanza referendaria (quella presentata dal Comitato “Daunia chiama Molise”) e allo stesso regolamento, pronunciandosi sulla sua ammissibilità o inammissibilità, l’Ente è tenuto ad adottare l’atto regolamentare e non a sostituirsi all’ufficio centrale per il referendum presso la Cassazione, negando di fatto al Comitato di raccogliere le firme per portare la popolazione di Capitanata al referendum . Questo ruolo non le è stato conferito dalla Legge 352 del 1970 che regola l’istituto referendario.

Giusto per ricordare che il fenomeno referendario è il frutto delle istanze liberali, democratiche e della storia politica che hanno prodotto quella forma di governo che chiamiamo democrazia liberale.

INFINE, IL DIFENSORE CIVICO…

L’Art. 11 del TUEL (DLgs n267_2000), prevede anche l’istituzione del difensore civico. A livello locale moltissimi comuni e la totalità delle province hanno previsto l’istituzione del difensore civico, ma pochi di essi ne hanno dato attuazione.

Non ci risulta che la Provincia di Foggia sia attualmente dotata di un difensore civico anche se è da rilevare che l’art. 11, comma 1, prevede che l’istituzione del difensore civico è facoltativa e cioè non si non si tratta di obbligo, bensì di una possibilità, di una libera scelta per ogni singolo ordinamento locale. E’ però, da notare – de iure condendo – che da più parti è stata sollecitata la previsione normativa dell’obbligatorietà dell’istituzione del difensore civico, magari ammettendo nei piccoli comuni, forme di convenzione.

E’ comunque utile ricordare che ai sensi della legge 127/97 (c.d. Bassanini bis) il difensore civico svolge attività tutoria nell’interesse del buon andamento e dell’imparzialità della pubblica amministrazione, segnalando gli abusi, le disfunzioni, le carenze e i ritardi dell’amministrazione nei confronti dei cittadini. Funzione che sarebbe risultata utile nel tentare di dirimere la contraoversia che ha opposto il Comitato “Daunia chiama Molise” alla Provincia di Foggia.

Difensore civico

A noi è mancata crediamo, la presenza di un difensore civico che svolgesse attività tutoria nell’interesse del buon andamento e dell’imparzialità dell’Ente Provincia di Foggia.

Vincenzo Concilio (Segretario del Comitato “Daunia chiama Molise”, autore dell’articolo

DALLA COMMISSIONE CONSILIARE PARITETICA DELLA PROVINCIA DI FOGGIA, AL COMMISSARIO STRAORDINARIO, DA AGOSTO 2012, AD AGOSTO 2013, LA MUSICA NON CAMBIA: L’ISTANZA REFERENDARIA DEL COMITATO “DAUNIA CHIAMA MOLISE”, E’ SOSPESA AB AETERNO…


CHE, SI TRATTI DI COAZIONE A RIPETERE?
In psicologia, la coazione a ripetere le stesse azioni, e’ il principio per cui una persona cerca di superare qualcosa di irrisolto che affonda le radici nel remoto passato, rimettendosi nelle identiche circostanze che provocarono quell’antica difficolta’.

Uscire dalla coazione a ripetere non e’ semplice perche’, perfino sapendo di essere suoi schiavi, avendo per lo piu’ natura inconscia diviene difficilmente controllabile.

Così, per esempio, se la Commissione sospendeva la decisione sulla ammissibilità della istanza referendaria del Comitato, a Settembre del 2012 e ad Aprile del 2013, “in attesa del completamento dell’iter procedimentale per il riordino delle province” e, il Commissario straordinario, in modo ordinario, decideva di non decidere, in quanto “è noto l’attuale stato di iniziative governative relativamente al futuro delle province”, si tratta di coazione a ripetere?

Freud Sigmund

Per Sigmund Freud, tali meccanismi non rappresentavano una forma di appagamento di un desiderio rimosso ma piuttosto, una proprietà generale delle pulsioni, definibile come conservatrice-regressiva, cioè una tendenza a ripristinare uno stato precedente.

Ora, noi non sappiamo se le ripetute decisioni di sospensione del giudizio di ammissibilità al referendum dell’istanza del Comitato, sia da parte della Commissione Consiliare Paritetica che del Commissario Straordinario, Fabio Costantini, abbiano a che fare con l’umana coazione a ripetersi ma, la somiglianza del meccanismo è… straordinaria.

… OPPURE SI TRATTA DI SCETTICISMO FILOSOFICO?

Cioè della negazione della possibilità di raggiungere, con la conoscenza, la verità.
Esso, infatti, esprime un’istanza tipica dell’essere umano: la sua perenne insoddisfazione di fronte al proprio conoscere.

Dubbioso 2

Lo scetticismo può essere definito come il momento di dissoluzione di un dogmatismo in quanto atteggiamento di risposta per cui, l’ipotesi scettica di volta in volta si adegua al dogmatismo cui fa riferimento.

 

Dalla estremizzazione del dubbio non può sfuggire neanche lo scetticismo stesso e, anche ciò che sostiene lo stesso scettico ricade sotto il dubbio radicale.

MA LA COMMISSIONE CONSILIARE PARITETICA PROVINCIALE, CHE COSA C’ENTRAVA CON IL REFERENDUM DI PASSAGGIO E INTEGRAZIONE DELLA CAPITANATA NEL MOLISE?

Punto interrogativo

 

Così si è pronunciato il costituzionalista Daniele Trabucco, dell’Università di Padova, in una corrispondenza avuta con lo scrivente:

“Credo vi sia stato un errore, ab origine, da parte della Provincia di Foggia, ossia la sottoposizione dell’istanza di referendum per il passaggio ad altra Regione alla Commissione paritetica dell’ente, chiamata ad esprimere una valutazione di ammissibilità in merito alla richiesta di mutamento di appartenenza regionale. La Commissione paritetica, infatti, è competente a manifestare il proprio punto di vista in relazione a referendum consultivi provinciali, concerneti cioè ambiti nei quali si esplicano le funzioni amministrative della Provincia. Il referendum di variazione territoriale ex art. 132, comma 2, della Costituzione, invece, non è un “referendum provinciale” e neppure un “referendum comunale”. Si tratta di un istituto di democrazia diretta, previsto dalla Carta costituzionale, con il quale si dà la possibilità alle “popolazioni interessate” di Comuni e Province di esprimere la volontà (non vincolante) in ordine alla proposta di distacco-aggregazione da una Regione ad un’altra. Pertanto, alla luce di queste premesse, il referendum di cui all’art. 132, comma 2, Cost. dispone di una sua propria garanzia “costituzionale” ed è finalizzato unicamente al conseguimento dell’obiettivo che la Costituzione gli attribuisce, non a sentire l’orientamento della collettività provinciale su settori che la legge (statale o regionale) attribuiscono all’amministrazione provinciale. Inoltre, se si aderisse alla tesi seguita dalla Provincia, la Commissione si troverebbe a svolgere un giudizio che l’art. 43, comma 1, della legge ordinaria dello Stato n. 352/1970 affida all’Ufficio centrale per il referendum presso la Corte di Cassazione. Detto diversamente, si avrebbe una duplicazione della stessa funzione di controllo preventivo, complicando l’esercizio del diritto all’autodeterminazione delle collettività locali, in contrasto con il dictum della sentenza n. 334/2004 Corte costituzione”.

E IL COMMISSARIO STRAORDINARIO DELLA PROVINCIA DI FOGGIA, FABIO COSTANTINI, AVREBBE POTUTO DECIDERE SULLA AMMISSIBILITA’ DEL REFERENDUM IN CAPITANATA?

punto-interrogativo 3E’ sempre il costituzionalista Daniele Trabucco che risponde alla domanda dello scrivente:

“La procedura di riordino/riduzione delle Province, di per sè, non era e non è preclusiva della possibilità di attivare l’iter di variazione territoriale per il passaggio della Provincia dalla Regione Puglia alla Regione Molise. Si aggiunga poi il fatto che, con sentenza n. 220/2013, la Corte costituzionale ha annullato la normativa del decreto-legge n. 201/2011 (convertito nella legge n. 214/2011) e del decreto-legge n. 95/2012 (convertito nella legge n. 135/2012) inerente le Province, con conseguente reviviscenza della normativa abrogata. Ne costituisce un ostacolo alla variazione la proroga del commissariamento delle Province alla luce della legge di stabilità del 2013 non toccata dalla sentenza dell Corte costituzione sopra richiamata e neppure dichiarata illegittima in via conseguenziale. Tanto al Commissario prefetizzio provissorio, quanto a quello definitivo spettano tutti i poteri attribuiti agli organi sciolti. Pertanto, ben potrebbe il commissario procedere, su vostra istanza o d’ufficio, ad indire il referendum di variazione. Ovviamente, va precisato che la raccolta delle firme da parte del Comitato è solo un atto “propulsivo”, non contemplato dalla legge n. 352/1970 che disciplina la materia e, come tale, non vincolante sul piano giuridico”.

MA ALLORA, PERCHE’ CONTINUANO A SOSPENDERCI AB AETERNO?Punto interrogativo 2

Mentre la Commissione Consiliare Paritetica per il Referendum della Provincia di Foggia sospendeva la decisione sulla istanza referendaria del Comitato, l’Ufficio Centrale del Referendum presso la Corte di Cassazione, approvava quello richiesto dalla Provincia di Piacenza…


E’ soltanto un caso?

Il caso in filosofia è definito come ciò che contraddistingue un avvenimento che si verifica senza una causa definita e identificabile.

Il caso

Potrebbe però trattarsi anche di un evento accaduto per cause che certamente vi sono ma non sono conosciute.

Perciò, quando la Commissione Consiliare Paritetica della Provincia di Foggia, sospende il giudizio sulla ammissibilità o inammissibilità dell’istanza referendaria del nostro Comitato, mentre l’Ufficio Centrale per il Referendum presso la Corte di Cassazione approva una analoga istanza presentata dalla Provincia di Piacenza, ci troviamo di fronte ad un avvenimento privo di causa definita oppure le cause ci sono ma sono imperscrutabili?

Il caso si sa, ha rilevanza statistica.

Statistica

Prendendo in esame un evento, per l’elevata presenza di cause che l’hanno determinato, ci si può riferire ad un insieme di fenomeni simili.

Perciò se la Commissione Consiliare Paritetica del Referendum della Provincia di Foggia sospende per ben due volte il parere di ammissibilità o di inammissibilità, la prima volta il 21 Settembre 2012 e la seconda il 10 Aprile 2013, vi è un nesso statistico?
Sembrerebbe proprio di sì.

Veniamo allora al caso Piacenza
Il 24 Settembre 2012, tre giorni dopo che la Commissione Consiliare Paritetica della Provincia di Foggia ci aveva sospesi, la Provincia di Piacenza presentava analoga istanza referendaria per il passaggio alla Lombardia.
L’Ufficio Centrale per il Referendum presso la Corte di Cassazione, lo approvava il 18 Ottobre 2012.

In pratica, una istanza referendaria del tipo presentato dal Comitato “Daunia chiama Molise” e dalla Provincia di Piacenza per il passaggio ad altra Regione, deve essere prima giudicata tecnicamente e non politicamente ammissibile per poi viaggiare a Roma, presso l’Ufficio Centrale per il Referendum, per l’approvazione definitiva.

Dunque, se la Commissione Consiliare Paritetica della Provincia di Foggia, avesse dato un parere di ammissibilità del referendum richiesto dal nostro Comitato, la Cassazione lo avrebbe potuto respingere.
Inoltre, la Cassazione avrebbe poi dovuto inviare il parere di ammissibilità al Presidente della Repubblica che avrebbe predisposto un decreto da inviare al Consiglio dei Ministri…

Perciò, che interesse aveva la Commissione Consiliare Paritetica della Provincia di Foggia a sospendere la decisione, visto che l’ultimo giudizio lo avrebbe dato la Cassazione?

palla di vetro

“Se l’universo fosse retto da leggi inesorabili e immutabili, tali da permettere a un’ipotetica intelligenza che conoscesse le condizioni iniziali e tutte le leggi operanti in esso di poter prevedere tutti gli accadimenti futuri con assoluta precisione, il caso non esisterebbe”. (Laplace).

Sono queste, considerazione che spesso ci tormentano perché, prive di risposte plausibili.

L’iter procedimentale per il riordino delle Province: un intricato labirinto legislativo che, complica il percorso referendario del Comitato “Daunia chiama Molise”.


L’iter procedimentale per il riordino delle Province: un intricato labirinto legislativo che, complica il percorso referendario del Comitato “Daunia chiama Molise”.

Nella storia della filosofia antica la relazione causale ha indicato l’esistenza di una condizione necessaria tra i fatti dell’esperienza che vengono interpretati come tra loro collegati da un rapporto di causa-effetto. Aristotele considera il sapere legato alla conoscenza delle cause: verum scire est scire per causas.

La filosofia dell’età moderna approfondì il concetto di causa efficiente facendolo coincidere con quello di legge o connessione causale dove il rapporto causa-effetto è rappresentato da grandezze misurabili matematicamente.

Se così fosse, l’edifico razionale matematico, ci metterebbe tutti d’accordo ma qui, siamo di fronte ad un vero e proprio labirinto la cui storia è complessa, intricata e affascinante, così come lo sono i percorsi che li strutturano.

 Labirinto

L’immagine del labirinto rimanda nell’immediatezza ad un percorso intricato e difficile da superare, ma può rivestirsi anche di un fascino particolare se lo si intende come sfida all’intelligenza umana, la quale a sua volta, si mette alla prova nel tentare di trovare una via d’uscita. Probabilmente il duello intellettuale non risiede nella volontà di vincere il coacervo di corridoi percorribili, ma nel semplice tentativo d’affrontarlo.

Dunque, dove eravamo rimasti? Ah si, alla decisione della Commissione Paritetica Consiliare della Provincia di Foggia che così disponeva: In conformità alla proposta formulata dal Rup Avv. Sergio Delvino, si dispone la sospensione del procedimento diretto alla ammissibilità o inammissibilità dell’istanza referendaria in attesa dell’iter procedimentale per il riordino delle Province, previsto dagli artt.17 e 18 del DL n.95/2012 convertito in Legge n.135/2012…”.

 Da qui riprende il nostro racconto…

* * * * *

Come noto, l’Art. 17 del DL 6 Luglio 2012 n.95, recante “Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica…”, stabiliva che “… tutte le province delle regioni a statuto ordinario esistenti alla data in vigore del presente decreto, sono oggetto di riordino…” …”…sulla base di requisiti minimi da individuarsi nella dimensione territoriale e nella popolazione residente…”, “fatte salve le province nel cui territorio si trova il capoluogo di regione”. “In esito al riordino…., assume il ruolo di capoluogo di regione delle singole province il comune già capoluogo di provincia con maggiore popolazione residente…”.

Sulla base dei criteri esposti, le province pugliesi che sopravvivevano al riordino, erano Foggia e Lecce mentre venivano soppresse quelle di Brindisi, Taranto da integrarsi in quella di Lecce e, Barletta-Andria-Trani da integrarsi in quella di Foggia.

Il riordino delle province era ipotizzato in tempi brevi, al massimo entro Ottobre 2012.

La Legge 7 Agosto 2012 n.135 operava la conversione con modificazioni, del DL 6 Luglio 2012 n.95 (GU n.189 del 14 Agosto 2012) trasferendo ai comuni le funzioni amministrative conferite alle province, da individuarsi con Decreto del Consiglio dei Ministri, “da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto…”.

Altro rimando della Legge n.135: “Con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri, … da adottare entro centottanta giorni … si provvede alla puntuale individuazione delle risorse finanziarie, umane, strumentali e organizzative connesse all’esercizio delle funzioni stesse ed al loro conseguente trasferimento dalla provincia ai comuni interessati…”.

Con la caduta del Governo Monti, dopo le dimissioni avvenute il 21 dicembre 2012, venivano meno, gli ulteriori decreti attuativi.

Mappa province di Italia

Ritorniamo così alla proposta formulata dal Rup Responsabile unico del procedimento, Avv. Delvino per il quale, nella relazione presentata alla Commissione Consiliare Paritetica del 17 Settembre 2012, così scrive: “Tanto premesso, al fine di valutare l’istanza referendaria in oggetto, appare evidente che il procedimento di riordino ha incidenza determinante sotto il profilo della ammissibilità della istanza medesima. Infatti, all’esame della normativa innanzi enunciata, si rileva che il procedimento è tuttora in itinere, ragion per cui, allo stato, l’iniziativa referendaria in questione non può trovare luogo”.

Secondo l’Avv. Delvino, “… E’ agevole osservare che a tutt’oggi risulta attuato il primo segmento procedimentale costituito dalla Deliberazione del Consiglio dei Ministri adottata il 20/07/2012 … e che le successive fasi del procedimento scansionate cronologicamente nella normativa citata dovranno essere attivate dagli organi a cui normativamente sono attribuiti i poteri di emettere i relativi atti.

La sottolineatura è nostra ed intende evidenziare che, si il procedimento è in itinere che, mancano le successive fasi che dovranno essere attivate ma che, non lo saranno proprio a causa della caduta del Governo a guida Monti.

Intanto i mesi trascorrono lentamente…

Foglie

Il 27 Marzo 2013, il Comitato “Daunia chiama Molise”, tramite l’Avv. Giuseppe Mucciarone, componente del Comitato, presentava sollecito scritto al Segretario generale della Provincia nonché Presidente della Commissione Consiliare Paritetica, dott. Re, affinchè egli potesse nella sua qualità, “riconvocare con urgenza la Commissione per il completamento del procedimento cui è deputata, ancora sospeso senza alcuna valida giustificazione soprattutto alla luce della mancata conversione del DL 188/2012”, invitandolo a farlo “entro i termini di regolamento e comunque prima della naturale scadenza del mandato dei consiglieri nominati. Con ogni utile riserva nel caso di mancata ottemperanza”.

In pratica, la mancata conversione del DL 188/2012 aveva interrotto l’iter procedimentale al quale si riferiva l’Avv. Delvino ed aveva perciò ripreso vigore la previgente normativa.

Ciò era confermato sul sito del Governo italiano ove, il 9 Dicembre 2012 si poteva leggere in uno studio del Dipartimento Riforme Istituzionali sulla mancata conversione delle province che, si era creata una situazione di caos istituzionale per la quale, “… le città metropolitane restano istituite soltanto sulla carta; i perimetri e le dimensioni delle province restano uguali a quelli attuali (rinascono 35 province)…”.

Ma la Commissione Consiliare Paritetica nel verbale del 10 Aprile 2013 era irremovibile: “Determina di confermare la decisione assunta con precedente verbale del 21 Settembre 2012, non essendo mutato il quadro normativo di riferimento”.

Così sia.

“Cogito ergo sum” e la Commissione Consiliare Paritetica per il Referendum della Provincia di Foggia, “sospende” il Comitato “Daunia chiama Molise”.


La sospensione del giudizio consiste nel sospendere il proprio assenso non ai fenomeni di per sé innegabili ma, al fatto che ai fenomeni o a delle formulazioni di pensiero, corrisponda la vera realtà.

La sospensione di giudizio la troviamo in Cartesio il quale affermava che, per non sbagliare, l’uomo deve sospendere il giudizio dubitando di tutto, si parte con il dubitare delle cose più semplici fino a quelle più complesse.

Cartesio

Secondo Cartesio si può dubitare di tutto, tranne del fatto che sto dubitando ma, se dubito allora penso e se penso sono, da qui la celebre frase “cogito ergo sum”.

Successivamente bisogna però sottoporre le cose di cui ho dubitato al metodo che in Cartesio è filosofico e non matematico come affermava Galileo Galilei.

*     *     *

Con verbale di riunione del 21 Settembre 2012, la Commissione Consiliare Paritetica per il Referendum, in merito alla istanza di referendum del Comitato “Daunia chiama Molise”, disponeva quanto segue:

In conformità alla proposta formulata dal Rup Avv. Sergio Delvino, si dispone la sospensione del procedimento diretto alla ammissibilità o inammissibilità dell’istanza referendaria in attesa dell’iter procedimentale per il riordino delle Province, previsto dagli artt.17 e 18 del DL n.95/2012 convertito in Legge n.135/2012…”.

Sospensione

In un incontro dell’11 Settembre 2012 che, aveva preceduto il disposto precedente, alla presenza dei membri della Commissione, il direttivo del Comitato, aveva reso noto di non condividere l’opinione espressa dall’Avv. Sergio Delvino in quanto la Commissione Consiliare, all’uopo costituita, “doveva semplicemente esprimere un parere tecnico e non deve valutare situazioni logico-giuridiche”.

A tal proposito, l’Avv. Giuseppe Mucciarone, membro del Comitato, aveva fatto pervenire alla Commissione, di seguito all’incontro avuto con il Comitato, il seguente parere scritto:

1) Non si tiene conto del criterio generale dettato dall’art. 11 delle preleggi. Come è noto a tutti i giuristi il nostro ordinamento giuridico è regolato, alla base e prima di tutto, da principi generali: quelli dettati dalla carta costituzionale e dalle preleggi approvate preliminarmente al codice civile in vigore nonchè dai principi generali dettati per le altre branche del diritto. Trattasi di regole fondamentali (jus generalis) che non possono essere derogate da leggi speciali.

Ebbene l’art. 11 delle preleggi, al primo comma, detta una regola generale fondamentale recitando testualmente: “la legge non dispone che per l’avvenire. Essa non ha effetto retroattivo”. 

Ed infatti un noto principio della cassazione civile, dettato dalla massima Cass. Civ. Sez. I n. 3308 del 17/3/92, da considerarsi jus receptum trattandosi di principio rimasto costante (non è possibile il contrario), sancisce che la retroattività dello jus superveniens (le nuove normative emanate dallo Stato) può avere solo carattere eccezionale e deve essere sancita espressamente o quanto meno risultare in modo non equivoco dalla stessa normativa nuova.

Il Collega Delvino, secondo me, non si avvede del fatto che l’art. 17 del D.L. 95/2012 convertito dalla legge 7/8/2012 n. 135 e normativa nuova non ancora in vigore poichè detta tutto un iter procedimentale sul riordino del territorio che sarà in vigore allorchè sarà ultimato e completato con appositi decreti attuativi. Oggi è in vigore la vecchia normativa. Le province non son o state ancora soppresse. Diversamente dovremmo ritenere scadute ed abrogate tutte le attività della amministrazione provinciale che ancora opera.

2) Altra incongruenza logico-giuridica che intravedo nel parere del Collega è costituita dal fatto che egli ritiene “la richiesta del Comitato “Daunia chiama Molise” … in antitesi logico-giuridica con il complessivo impianto normativo e procedimentale delineato dagli artt. 17 e 18 del D.L. 95/2012”.

Non ha spiegato, però, i motivi della ventilata antitesi logico-giuridica per il semplice fatto che tale situazione non esiste nemmeno concettualmente. Anzi, a voler ipotizzare una qualche influenza tra il quesito referendario e la normativa citata, dovremmo prendere atto che le disposizioni nuove e non ancora in vigore prevedono che si debba tenere conto delle ragioni dei Comuni che vogliono accorparsi a un territorio o l’altro e quindi in futuro, a maggior ragione, si dovrà tener conto della volontà popolare provinciale espressa col referendum. Inoltre a nulla rileva che lo scenario istituzionale sia i evoluzione e trasformazione.

Di tanto si dovrà tener conto allorchè dovrà farsi luogo allo svolgimento delle operazioni referendarie. L’eventuale variazione territoriale della Provincia di Foggia non potrà avere rilevanza ai fini referendari (trattasi di distacco dalla Regione e non da altro).

 La commissione dovrà esprimere la ammissibilità semplicemente in ordine al tipo di quesito, sul piano tecnico, nel vigore della legge attuale per non incorrere in errori che potranno essere censurati legalmente. Peraltro il termine per esprimere il parere è divenuto perentorio dopo le modifiche apportate dal D.L. n. 5 del 2012 alla 241/90 come è spiegato al punto 3 della istanza referendaria. Cordialmente.

 Per il comitato referendario.

Avv. Giuseppe Mucciarone

La nostra incredulità era rimasta sospesa.

Incredulità

Tuttavia, la sospensione del dubbio non implicava la soppressione totale della logica e della coerenza ma, soltanto un loro adattamento alla nuova situazione.

L’Art. 9 dello Statuto della Provincia di Foggia e, lo “scetticismo metodologico”


Il dubbio metodico differisce dal dubbio scettico che è un dubitare per dubitare e nel quale il dubbio è fine a sé stesso. Lo scetticismo metodologico si differenzia da questa corrente perché usa il dubbio solo come metodo per mettere alla prova le conoscenze che abbiamo. Esso funge da “prova del fuoco” e solo le conoscenze che sopravvivono a questa verifica possono essere considerate assolutamente vere.

L’Art. 9 dello Statuto della Provincia di Foggia, al punto 1., nel sostenere che “la Provincia riconosce nel Referendum la volontà generale sui problemi che riguardano interessi fondamentali della comunità provinciale”,  ne fa un breve elenco citando “in particolare, proposte di passaggio di Comuni della Provincia di Foggia ad altra Provincia”, senza prevedere il passaggio della intera Capitanata ad altra Regione.

L’elenco non poteva che essere semplificativo, sfrondato, passando cioè dal tema precedente a quello della “localizzazione sul territorio provinciale, di impianti industriali che presentano un alto rischio ambientale”.

La chiave di lettura non è nella incompletezza dell’elenco quanto invece nel riconoscimento del referendum per la verifica della volontà popolare su problemi che riguardano interessi fondamentali della comunità provinciale e, il passaggio della intera Provincia di Foggia ad altra Regione è sicuramente un tema fondamentale.

In ogni caso, per coloro che fossero così scettici da dubitare per dubitare, noi accettiamo la prova del fuoco.

L’ordinamento giuridico dello Stato è un sistema di regole contenente meccanismi che permettono di organizzare e ordinare fra loro le numerose norme giuridiche di cui è formato. Proviamo a pensare ad esempio, al caso in cui due norme siano in contrasto tra loro. Se non ci fosse qualche criterio per ordinare queste norme, non si saprebbe come comportarsi.

E’ per questo che c’è un gruppo di regole che seguiamo tutte le volte che incontriamo sullo stesso argomento norme che ci comandano comportamenti opposti.

Criterio di gerarchia: le fonti sono di importanza diversa per cui la norma contenuta in una fonte di grado superiore prevale su quella contenuta in una fonte di livello inferiore.

Così, l’Art. 132 secondo comma della Costituzione il quale, consente “con l’approvazione della maggioranza della popolazione della Provincia interessata” che, “Province e Comuni che ne facciano richiesta, siano staccati da una Regione ed aggregati ad un’altra”, è norma di grado superiore che prevale su quella di grado inferiore nel caso specifico lo Statuto della Provincia di Foggia.

Ciò vale anche per le Leggi regionali e le norme della UE che sono specializzate su determinati argomenti.  Su questi temi le loro norme prevalgono su quelle contenute in altre fonti, a esclusione della Costituzione.

La pluralità di fonti, e comunque l’inesauribilità della fonte singolarmente considerata, comporta la necessità che i rapporti tra le fonti siano regolati.

La Costituzione rappresenta la nostra fonte normativa più importante e tutte le altre fonti del diritto devono rispettare i principi in essa contenuti. Per descrivere la Costituzione si utilizza perciò una particolare espressione, ossia si dice che è “Legge delle Leggi”, proprio per sottolineare che i suoi principi devono essere rispettati da tutte le altre.

Quando tutta la Capitanata, dal grande centro urbano al piccolo e lontano comune rurale, senza distinzione di colore politico, divisioni di classi, solidamente unita chiedeva di essere eretta Regione…


Allorché fu resa nota la risoluzione adottata il 1° agosto 1946 dalla II Sottocommissione dell’Assemblea Costituente per l’ordinamento costituzionale dello Stato circa l’istituzione dell’Ente Regione e circa i caratteri essenziali di esso, la Camera di Commercio di Foggia che aveva già esaminato in precedenza il problema nei suoi aspetti e nelle sue possibili conseguenze generiche, si preoccupò di rivederlo dal punto di vista più specifico dei suoi riflessi sulla Capitanata.

Fu così che la Presidenza di detta Camera di Commercio indisse, per il 28 agosto 1946, nella sala della biblioteca dell’Amministrazione Provinciale, una prima riunione invitandovi a partecipare le personalità politiche, amministrative, tecniche ed economiche della provincia, allo scopo di concretare e svolgere un dettagliato esame delle condizioni locali in funzione del progettato ordinamento regionale dello Stato.

In detta adunanza fu messo in risalto come la Capitanata ha requisiti, titoli, esigenze e consistenza tali da farla considerare regione a sé stante, per cui nel nuovo ordinamento poteva aspirare a ottenere il riconoscimento di tale dignità.

Fu affermato che l’auspicata erezione in Regione, non è una pretesa ma un diritto, non una vanità campanilistica, ma una concreta sussistenza di tradizioni storiche, di condizioni ambientali, di esigenze caratteristiche, di fatti positivi, di interessi inderogabili che sarebbero pregiudicati dalla eventuale incorporazione della Regione Dauna in altre entità similari, di prospettive inconfondibili e soprattutto di una vitalità efficiente che non si riscontra, oggi, in talune regioni geografiche convenzionali, normalmente identificate dalle ripartizioni in uso.

A conclusione dell’importante dibattito, fu deciso di nominare uno speciale Comitato di Studio per la raccolta di documentazioni , la elaborazione di memorie e il coordinamento delle materie da preparare per affermare e far valere i diritti e le aspirazioni della regione di Capitanata.

Detto Comitato nelle sue adunanze successive adempì al mandato commessogli per buona parte del compito per cui venne costituito.

Nella tornata del 4 settembre 1946, intanto, la Giunta della Camera di Commercio, Industria e Agricoltura, votò l’ordine del giorno che in gran parte della presente documentazione viene integralmente riprodotto, e che costituisce il primo atto ufficiale di quel vasto e plebiscitario movimento che poi doveva sorgere e generalizzarsi nella provincia e che doveva condurre a quell’unanime manifestazione di volontà popolare che nelle pagine seguenti trova precisa e inconfutabile dimostrazione.

Dal 9 settembre al 28 ottobre 1946, il settimanale locale, “il Corriere di Foggia” pubblicò , intanto una serie di articoli che in sintesi poneva in rilievo tutte le ragioni, le argomentazioni, i dati, gli elementi, le circostanze per cui la Capitanata chiedeva come chiede oggi più che mai il riconoscimento del suo buon diritto alla erezione in Ente Regione.

L’altro settimanale locale “Il Tribuno del Popolo” – nel frattempo venuto alla luce – assecondava l’azione del “Corriere” propugnando l’aspirazione generalmente sentita e rivendicando i diritti ampiamente documentati.

A cura della Camera di Commercio, la Presidenza dell’Assemblea Costituente ed i singoli componenti della II Sottocommissione per la Costituzione, venivano messi al corrente del movimento iniziatosi e del problema posto sul tappeto, mediante corrispondenza diretta e con la trasmissione delle pubblicazioni che si susseguivano.

 Ma allorché la II Sottocommissione, secondo quanto ebbe a riferire la stampa, concluse i suoi studi sull’ordinamento regionale dello Stato ed espresse il parere favorevole tra l’altro per la costituzione della Regione Salentina, con l’aggruppamento in essa delle provincie di Brindisi, Taranto e Lecce, la Daunia sorse in piedi come un sol uomo non solo perché sentì i suoi diritti conculcati e le sue legittime aspirazioni deluse, ma anche perché avvertì subito l’enorme pregiudizio che ad essa derivava dall’incorporamento in una limitata regione, costituita dalle sole provincie di Bari e Foggia, in cui il rapporto delle forze e della rappresentanza si risolveva a tutto suo svantaggio e la diversità d’interessi, lungi dal comporsi in una complementare armonia, esaltava i contrasti e approfondiva il danno.

L’appello rivolto, dalle colonne del “Corriere di Foggia” il 6 gennaio 1947 alle Autorità ed alle popolazioni locali, veniva subito raccolto ed un apposito Comitato Promotore si costituiva per elaborare e promuovere un piano concreto di agitazioni a favore della istituzione della Regione Dauna.

 Riunitosi nel salone consiliare del palazzo Comunale, ad iniziativa di detto Comitato Promotore, un Convegno di autorità ed esponenti di tutte le forze vive ed operanti della Capitanata, fu ribadita la necessità di un’azione concorde, energica e tenace onde far giungere al Governo ed alla Costituente l’espressione dell’unanime volontà dei cittadini dauni reclamante piena autonomia nel nuovo ordinamento regionale.

Il 16 gennaio 1947, la Giunta della Camera di Commercio, rispondeva con l’ordine del giorno appena riprodotto, alla circolare N. 1 del 1 gennaio 1947 con la quale la Presidenza dell’Assemblea Costituente chiedeva di conoscere se e quali voti fossero da prospettarsi in merito alla proposta costituzione di nuove regioni da parte della II Sottocommissione.

Il 17 gennaio 1947, la Deputazione provinciale di Foggia approvava all’unanimità la deliberazione avanti riportata, riferentesi alla invocata istituzione della Regione Dauna. E da allora è stato un crescendo rapido, imponente, spontaneo, fiero e consapevole, di consensi, di adesioni, di appassionate manifestazioni di solidarietà, di vibranti dimostrazioni di entusiasmo di rivendicazioni di diritto.

Le organizzazioni combattentistiche e quelle di quasi tutti i partiti politici; le organizzazioni professionali e sindacali; le Giunte e i consigli Comunali; le associazioni culturali, sportive, economiche, sociali; le rappresentanze di ogni ceto, di ogni classe, la stampa, tutti con ogni mezzo – da quello rapido concretatosi nell’agile e breve espressione telegrafica, a quello solenne ed elaborato della deliberazione e dell’ordine del giorno appositamente formato. Tutti hanno concorso a costituire questa veemente manifestazione di volontà che nelle pagine che seguono trova dettagliata e specifica esposizione.

D’altra parte, nelle piazze, nei teatri, nei circoli, nei Sodalizi, gli affollati comizi indetti, si sono succeduti suscitando e rivelando un interesse eccezionale; gli scioperi proclamati, i cortei ordinatamente svoltisi, le vibrate proteste presentate al Prefetto della provincia perché se ne rendesse interprete presso gli organi centrali dello Stato, hanno dimostrato come tutta la Capitanata, dal grande centro urbano al piccolo e lontano comune rurale, senza distinzione di colore politico, senza divisioni di classi, senza sofisticazioni vane, fosse effettivamente, solidamente unita nella speranza che i suoi voti fossero esauditi, nella fiducia che la sua volontà fosse rispettata, nella certezza che i suoi diritti ed i suoi interessi non fossero traditi.

E la stampa locale, regionale e nazionale, non ha mancato di cogliere il significato, la consistenza e la portata di questo imponente anelito di popolo rendendosene interprete ed eco.

Vogliano i superiori organi competenti sanzionare il voto plebiscitario del popolo dauno; faranno opera di giustizia e daranno prova di reale ed effettiva democrazia.

a cura del Comitato Pro Daunia Regione

Dal Movimento Popolare Progetto Moldaunia, al Comitato referendario “Daunia chiama Molise”.


Dall’Atto costitutivo del Movimento Popolare Progetto Moldaunia, estrapoliamo la parte riguardante la sua costituzione:

 Premesso che l’Art. 132, comma 2° della Costituzione della Repubblica Italiana detta che “si può con referendum e con Legge della Repubblica, sentiti i Consigli regionali, consentire che Province e Comuni che ne facciano richiesta, siano staccati da una regione ed aggregati ad un’altra…… viene costituito un movimento popolare che si renda promotore della realizzazione di tale aspirazione con l’aggregazione della Provincia di Foggia (olim Daunia) alla Regione Molise, dal che nascerebbe la nuova entità regionale da denominare MOLDAUNIA”.

Più avanti nel testo, all’Art. 2) è scritto: “…. nella ferma convinzione di arrivare alla realizzazione del progetto istituzionale della nuova Regione MOLDANIA”.

Logo del Movimento Popolare Progetto Moldaunia

Il duplice riferimento all’Art. 132 comma 2 della Costituzione e al progetto istituzionale della nuova Regione Moldaunia, furono oggetto di disamina e repingimento della richiesta di istruzione della pratica per un referendum consultivo secondo i criteri di ammissione stabiliti dall’Art.9 dello Statuto della Provincia di Foggia, terzo comma, lettera b) (il Referendum può essere promosso … da un numero di Consigli comunali che presentino almeno il 10% della popolazione della Provincia.

A tal proposito scriveva il Responsabile del procedimento presso la Provincia, Avv. Sergio Delvino (Prot. del 14/11/2011), rilevando le differenze tra i commi 1 (fusione di regioni esistenti o la creazione di nuove regioni) e 2 (consentire che Province e Comuni che ne facciano richiesta, siano staccati da una Regione e aggregati ad un’altra) dell’Art. 132 della Cosituzione : “… la documentazione prodotta dal Movimento Popolare Progetto Moldaunia non fornisce sufficienti elementi di chiarezza al fine di valutare se si intenda costituire una nuova Regione o pervenire al distacco della Provincia di Foggia dalla Regione Puglia per entrare a far parte della Regione Molise”.

E continuando: “Tuttavia, nell’Art. 2 punto 1 dello Statuto del Movimento Popolare Progetto Moldaunia è testualmente indicato – aggregare l’attuale Provincia di Foggia alla Regione Molise per costituire una unica entità regionale denominata MOLDAUNIA – ed inoltre – “… nel citato Art.2 al punto 2 viene espressamente enunciato il progetto istituzionale di una nuova regione MOLDAUNIA”.

Pur essendo dunque il Movimento Popolare Progetto Moldaunia, precursore del Comitato “Daunia chiama Molise”, non avremmo potuto presentare una nuova richiesta di referendum attraverso detto Movimento.

Inoltre, il Regolamento per il Referendum consultivo della Provincia di Foggia richiedeva espressamente la costituzione di un Comitato Promotore ai sensi dell’Art.39 e seguenti del Codice Civile, formato da un numero di cittadini non inferiore a trenta.

 Nasce il Comitato “Daunia chiama Molise”

Logo del Comitato referendario “Daunia chiama Molise”

Non era neppure ipotizzabile ampliare il numero dei componenti del Movimento Popolare Progetto Moldaunia, da dieci a trenta membri in quanto, i Comitati sono Enti ibridi: come le Associazioni, nascono attraverso l’accordo tra due o più persone, per il perseguimento di un fine comune; come le Fondazioni, perseguono il fine mediante la gestione di un patrimonio.

E’ inoltre discusso in dottrina se i Comitati siano riconducibili alle Associazioni o alle Fondazioni. Alcuni autori, vedono nel Comitato, una Fondazione non riconosciuta. Secondo una tesi attualmente molto diffusa, (Cass. 23 Giugno 1994 n. 6032) la natura del Comitato sarebbe duplice: associativa nella fase iniziale di raccolta dei fondi e, di fondazione nella fase successiva nella quale i fondi sono stati raccolti per essere destinati allo scopo prefissato. Tra coloro che invece vedono nel Comitato un’Associazione non riconosciuta, alcuni ritengono che con il riconoscimento esso diventi una normale Associazione riconosciuta mentre per altri, diventerebbe una persona giuridica sui generis, il Comitato riconosciuto al quale, continuano però ad applicarsi le norme sulla responsabilità degli organizzatori e, sulla devoluzione dei beni, proprie dei Comitati.

Insomma, era necessario costituire un Comitato!

E’ così che è nato il Comitato referendario “Daunia chiama Molise” che il 7 Agosto 2012 ha presentato al Segretario generale della Provincia di Foggia e per conoscenza al Presidente dell’Ente e, al Presidente del Consiglio provinciale (prot. N.58741 di ricevimento) istanza referendaria basata sul seguente quesito: “Volete che il territorio della Provincia di Foggia sia separato dalla Regione Puglia per entrare a far parte integrante della Regione Molise?”.

Le speranze sono molte e le vorremmo vedere tutte realizzate!

Un brindisi al Comitato “Daunia chiama Molise”

Auguri al Comitato!

Il quesito referendario contenuto nell’istanza di referendum consultivo presentata al Segretario generale della Provincia di Foggia il 7 Agosto 2012


COMITATO REFERENDARIO

DAUNIA CHIAMA MOLISE”

Via Gramsci 143—71122 Foggia

Al Segretario Generale della Provincia di Foggia

e p.c. Al Presidente della Provincia di Foggia

          Al Presidente del Consiglio provinciale

Foggia, Martedì 7 Agosto 2012

OGGETTO: Presentazione istanza referendaria per la separazione del territorio della Provincia di Foggia dalla Regione Puglia affinché sia reso parte integrante della Regione Molise.

PREMESSO CHE:

A. All’Art. 132 comma 2 della Costituzione della Repubblica italiana, così come modificato dall’Art.9 comma 1 della Legge costituzionale n.3 del 2001 è scritto: “Si può, con l’approvazione della maggioranza della popolazione della provincia interessata o, delle province interessate, espressa mediante referendum e, con Legge della Repubblica, sentiti i Consigli regionali,, consentire che Province e Comuni che ne facciano richiesta, siano staccati da una Regione ed aggregati ad un’altra”;

B. All’Art. 9 comma 1 dello Statuto della Provincia di Foggia è scritto: “La Provincia riconosce nel Referendum la verifica della volontà generale su problemi che riguardano interessi fondamentali della comunità provinciale, in particolare proposte di passaggio di comuni della Provincia di Foggia ad altra provincia…”; che, al comma 2 è scritto: “Sono ammessi solo referendum consultivi…” e che, al comma 3 lettera c è scritto: ”Il Referendum può essere promosso ….. da non meno di 10.000 (diecimila) cittadini iscritti nelle Liste elettorali dei Comuni della Provincia”;

C. Il Regolamento per il Referendum consultivo della Provincia di Foggia, nel richiamare gli articoli ed i commi precedenti, precisa all’Art. 7 comma 1: “I cittadini che intendono presentare proposta di referendum, si costituiscono in numero non inferiore a 30 (trenta) in Comitato Promotore, ai sensi dell’Art. 39 del Codice Civile;

D. Il Comitato “Daunia chiama Molise” nasce con il precipuo scopo di ricostruire una rete di relazioni, un orizzonte che vada oltre i limiti della Regione Puglia e, promuovere mediante raccolta di firme, un referendum consultivo per il distacco dell’intera Provincia di Foggia (olim Daunia post Capitanata) dalla Regione Puglia e, alla sua integrazione nella Regione Molise,

il Comitato “Daunia chiama Molise”, rappresentato dal proprio Presidente Luigi Inneo,

PRESENTA ISTANZA

di istruzione del procedimento che conduca al Referendum consultivo mediante sottoscrizione popolare di cui all’Art. 9 comma 3, lettera c dello Statuto della Provincia di Foggia, sulla base del seguente quesito referendario: “Volete che il territorio della Provincia di Foggia sia separato dalla Regione Puglia per entrare a far parte integrante della Regione Molise?”.

IN RELAZIONE INOLTRE

1. al Regolamento per il Referendum consultivo della Provincia di Foggia, all’Art. 9 comma 1 ove è scritto: “La Commissione nel termine di 45 giorni dalla presentazione della proposta di Referendum, ne verifica la conformità alla legislazione vigente, allo Statuto e al Regolamento, pronunciandosi sull’ammissibilità o inammissibilità della proposta redigendo apposito verbale da contenente le motivazioni della decisione da trasmettere al Presidente della Provincia per i successivi adempimenti di competenza”;

2. nonché al comma 3 del medesimo articolo ove è scritto: “Il Presidente della Provincia, sulle risultanze del suddetto verbale, notifica entro i 15 giorni successivi al Presidente del Comitato promotore l’ammissibilità o inammissibilità della proposta di Referendum, affiggendo copia del provvedimento all’Albo Pretorio della Provincia;

3. e, richiamando L’Art. 1 comma 2 della Legge 241/1990 (“Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi”) coordinato ed aggiornato con le modifiche introdotte dal D.L. 9 febbraio 2012, n. 5, convertito con legge di conversione 4 aprile 2012, n. 35 (cd. Decreto Semplificazioni)nel quale, è scritto che “la Pubblica Amministrazione non può aggravare il procedimento se non per straordinarie e motivate esigenze imposte dallo svolgimento dell’istruttoria”,

CHIEDE

a codesta Amministrazione di determinare il termine temporale entro cui il procedimento deve essere concluso ovvero, se lo stesso è stato determinato, di esserne messo a conoscenza segnalando che , ai sensi dell’art. 2 comma 1 della Legge 241/1990 , “ove il procedimento consegua obbligatoriamente ad un’istanza, ovvero debba essere iniziato d’ufficio, le pubbliche amministrazioni hanno il dovere di concluderlo mediante l’adozione di un provvedimento espresso”. Chiede altresì che ai sensi dell’art. 8 della citata legge , gli vengano comunicati la persona responsabile del procedimento e l’ufficio in cui può prendere visione degli atti.

Diffida infine ai sensi dell’Art. 16 della Legge 86/1990, a riscontrare la presente entro e non oltre il termine di trenta (30) giorni dal suo ricevimento.

Allegati:

a) copia conforme dell’Atto costitutivo, Statuto e logo del Comitato “Daunia chiama Molise”, sottoscritto il 31 Luglio 2012 presso Alba Mazzeo, notaio in Foggia;

b) Modello della scheda per la raccolta delle firme

Distinti saluti,

Il Presidente del Comitato

Daunia chiama Molise”

Luigi Inneo

La stesura del quesito referendario tiene conto del dettato dell’Art.41 della Legge 25 Maggio 1970 n.352 contenente  norme sui referendum previsti dalla Costituzione e sulla iniziativa legislativa del popolo che, così recita:

TITOLO III

Referendum per la modificazione territoriale delle regioni previsti dall’articolo 132 della Costituzione. 

41. I quesiti da sottoporre a referendum, a norma dell’articolo 132 della Costituzione, per la fusione di regioni esistenti o per la creazione di nuove regioni o per il distacco da una regione e l’aggregazione ad altra di una o più province o di uno o più comuni, devono essere espressi, rispettivamente, con la formula:

«Volete che la regione. . . sia fusa con la regione. . . per costituire insieme un’unica regione?»;

oppure: «Volete che il territorio delle province. . . (o dei comuni. . .) sia separato dalla regione. . . (o dalle regioni. . .) per formare regione a sé stante?»;

oppure: «Volete che il territorio della provincia. . . (o delle province. . .) sia separato dalla regione. . . per entrare a far parte integrante della regione. . .?»;

oppure: «Volete che il territorio del comune. . . (o dei comuni. . .) sia separato dalla regione. . . per entrare a far parte integrante della regione. . .?»

e, l’indicazione delle regioni, delle province e dei comuni di cui trattasi. Può essere inserita l’indicazione del nome della nuova regione della quale si proponga la costituzione per fusione o per separazione.

In principio fu l’Art. 132 comma 2 della Costituzione che illuminò la nostra via.


“Si può, con l’approvazione della maggioranza delle popolazioni della Provincia o delle Province interessate e del Comune o dei Comuni interessati espressa mediante referendum e con legge della Repubblica, sentiti i Consigli regionali, consentire che Provincie e Comuni, che ne facciano richiesta, siano staccati da una Regione ed aggregati ad un’altra”.

Eureka! Ci era venuta in mente l’esclamazione attribuita ad Archimede quando, secondo la tradizione, scoprì che si poteva calcolare il volume di un corpo di forma irregolare misurando il volume dell’acqua che veniva spostata quando il corpo veniva immerso.

L’Art. 132 della Costituzione, comma 2, illuminò la nostra via: “Adesso sì che possiamo ricostruire una rete di relazioni che vada oltre i limiti della Regione Puglia, promuovendo un referendum consultivo mediante raccolta di firme per il passaggio della Provincia di Foggia (olim Daunia post Capitanata), alla Regione Molise!

La successiva modifica apportata dall’Art.9 della Legge costituzionale 18 Ottobre 2001 n.3, pur modificando il dettame del secondo comma dell’Art.132 della Costituzione, non cambiava le nostre possibilità: “Si può con l’approvazione della maggioranza delle popolazioni della Provincia o delle Province interessate … espressa mediante Referendum e con Legge della Repubblica, sentiti ii Consigli regionali, consentire che province e comuni che ne facciano richiesta, siano staccati da una regione ed aggregati ad un’altra”.

Palazzo Dogana, sede della Provincia di Foggia

La Provincia di Foggia recepisce la Legge Costituzionale nello Statuto all’Art. 9 ove è scritto: ”

  1. La Provincia riconosce nel Referendum la verifica della volontà generale su problemi che riguardano interessi fondamentali della comunità provinciale, in particolare proposte di passaggio di Comuni della Provincia di Foggia ad altra provincia o di delimitazione di aree metropolitane, che mutino i confini della Provincia, o di localizzazione, sul territorio provinciale, di impianti industriali che presentano un alto rischio ambientale.
  2. Sono ammessi solo Referendum consultivi.
  3. Il Referendum può essere promosso:
    a) dal Consiglio Provinciale con deliberazione assunta a maggioranza assoluta dei Consiglieri assegnati;
    b) da un numero di consigli comunali, che presentino almeno il 10% della popolazione provinciale;
    c) da non meno di 10.000 cittadini iscritti nelle liste elettorali dei Comuni della provincia.
  4. …………
  5. Le modalità di presentazione del quesito o dei quesiti, della raccolta delle firme, le procedure e i termini sono disciplinati, secondo i principi dello Statuto, dal Regolamento.
  • La proposta di Referendum è sottoposta al giudizio di ammissibilità, anche preventivo, alla Commissione Consigliare Paritetica presieduta dal Segretario Generale.
  • Il quesito da sottoporre all’elettore deve essere di immediata comprensione e tale da non ingenerare equivoci.
  1. Il Referendum è indetto dal Presidente della Provincia con proprio decreto, una volta dichiarata l’ammissibilità.
  2. Il Referendum è effettuato anche in coincidenza con altre operazioni di voto, con esclusione delle tornate elettorali provinciali e comunali, una sola volta all’anno, in un giorno compreso tra il 15 aprile ed il 15 giugno.
  • Il Referendum è valido se vi partecipa la metà dei cittadini aventi diritto di voto.
  • La proposta è approvata se ottiene la maggioranza dei voti validamente espressi.
  • Il Consiglio Provinciale adotta, entro due mesi dalla proclamazione dell’esito della consultazione, le determinazioni conseguenti, in conformità alla volontà espressa dal voto.

Dallo Statuto al Regolamento per il Referendum consultivo della Provincia di Foggia che, all’Art.7 recita:  

Presentazione della proposta da parte dei cittadini
1. I cittadini che intendono presentare proposta di referendum si costituiscono in numero
non inferiore a 30 in Comitato Promotore ai sensi dell’art. 39 e seguenti del codice
civile. Il Comitato nomina un Presidente che ne assume la rappresentanza.
2. Il Presidente del Comitato promotore, previo deposito dell’atto costitutivo e dell’elenco
dei componenti del Comitato, inoltra apposita richiesta al Presidente della Provincia
contenente il quesito da sottoporre alla consultazione popolare.
3. La proposta deve essere presentata al Segretario Generale e per conoscenza al
Presidente della Provincia e al Presidente del Consiglio Provinciale.

Dovevamo dunque costituirci in Comitato Promotore ai sensi dell’Art.39 e seguenti del Codice civile.

Ecco fatto! Il 31 Luglio 2012 si è costituito presso il notaio Alba Mazzeo in Foggia, il Comitato Promotore “Daunia chiama Molise” di iniziativa referendaria per la separazione della Provincia di Foggia dalla Regione Puglia perché entri a far parte integrante della Regione Molise”.

In più, oggi 7 Agosto 2012, abbiamo presentato istanza referendaria al Segretario Generale e per conoscenza al Presidente della Provincia di Foggia e a quello del Consiglio provinciale.

L’istanza referendaria così recita: “Volete che il territorio della Provincia di Foggia sia separato dalla Regione Puglia per entrare a far parte integrante della Regione Molise?”.

La fatica di cui ci siamo fatti carico è enorme perché dobbiamo organizzarci per raccogliere 10.000 (diecimila)

firme di cittadini della Capitanata iscritti nelle liste elettorali entro fine anno ma, siamo fiduciosi.

 

Nel 1239 fu creata la Provincia Sancti Angeli comprendente i conventi siti nel territorio attuale di Capitanata, Molise e Abruzzo meridionale.


Estratto da “Appunti di storia francescana” del Convento di San Matteo.

Convento di San Matteo (Fg)

L’Ordine dei Frati Minori nacque il16 Aprile 1209 con un atto di fede del papa Innocenze III (1160-1217). Già nel 1217 furono istituite le prime undici province. Fra le cinque italiane vi era anche la Provincia Apuliae ricca di molti conventi fra cui alcuni fondati, secondo pie leggende locali, dallo stesso San Francesco durante i suoi passaggi attraverso la Puglia.

Nel 1223 l’Ordine dei Frati Minori ebbe la piena approvazione con Bolla di papa Onorio III.

L’Ordine si diffuse per tutta l’Europa e mostrò di possedere una non comune vitalità spiegandosi in grandi aperture religiose e civili. I Frati furono missionari e viaggiatori, pacificatori, contadini, professori di Università, mendicanti, architetti.

Nel 1239 fu creata la Provincia Sancti Angeli comprendente i conventi siti nel territorio della Capitanata, del Molise e dell’Abruzzo meridionale.

Convento di Sepino (Cb)

Nella Capitanata e nel Molise l’Osservanza si diffuse fin dal 1407 con la fondazione del convento del SS. Salvatore a Lucera. Verso la metà del sec. XV i Frati Osservanti della Capitanata e del Molise già godevano di una certa autonomia; nel 1517 divennero provincia autonoma.

Origine etnica dauna di Larino nel Molise


Estratto da “Topografia antica del Molise dauno” di Elisa Salvatore Laurelli

Scrive l’autrice: “Il chiarimento dell’etnia dauna di Larinum, si è delineato nel corso di una ricerca originale di  geografia e topografia antiche della Daunia, avviata nel 1979 insieme a mio marito Ruggiero Laurelli e condotta con impegno professionale da entrambi nella prima fase di quattro anni, poi continuata da me dopo la sua prematura scomparsa (1983), con la medesima dedizione”.

Tutto parte da Strabone: “La configurazione grafica su una carta moderna delle medesime distanze, faceva intuire a mio marito, tecnico geografo, un reticolato di rilevamento del territorio dauno in triangolazioni di primo grado. Il suo sviluppo richiese il concorso della geografia di Tolomeo e degli itinerari più antichi come la Tabula di Peutinger e, gli Itinerarium Antonini; l’apporto di dati corografici, storici e archeologici; reiterate visite a località inerenti, onde valutarne i requisiti geografici e topografici; l’uso delle carte dell’I.G.M. per lo studio dei luoghi a livello d’indagine  e per la produzione cartografica dei risultati.

Così continua l’autrice: “In tal modo, l’iniziale studio originò ben presto una vera ricerca della struttura multidisciplinare e dalla elaborata dinamica evolutiva a volte sofferta in quanto, emergevano quei particolare che sconvolgevano le abituali conoscenze. Da questa ricerca, avente a fondamento la geografia antica, si sono evidenziati elementi conoscitivi che hanno portato chiarezza anche in quella area etnicamente equivocata del territorio dauno la quale, interessa una parte del Molise a destra del fiume Biferno.

La concomitanza delle fonti letterarie classiche sulla funzione di limite etnico tra Frentania e Daunia del fiume Biferno, suffragata dai dati tecnici del rilevamento geodetico del territorio e dal supporto archeologico, trova una conferma di credibilità in quanto è venuto alla luce dall’indagine filologica: la distorsione delle loro conoscenze in epoca rinascimentale, nel corso del ripristino dell’antico patrimonio culturale. Il periodo s’inquadra nella seconda metà del XVI sec. quando ancora nella prima metà, le conoscenze classiche pertinenti allo studio in oggetto, si colgono nell’opera del domenicano Leandro Alberti,  “Descrizione di tutta Italia” del 1550 in cui l’autore, richiamava le antiche realtà etniche. 

Successivamente, il poligrafo Girolamo Ruscelli, traduceva la “Geografia di Tolomeo”, edita nel 1575. Pare che egli avesse attinto dalla comune fonte cartografica di derivazione tolemaica, riportando sia le errate coordinate che, le saltuarie lacune nella ripartizione degli ambiti etnici. La situazione era resa ancor più critica dalla sua iniziativa di identificare le località tolemaiche essendo egli più volte incorso in errore. Dall’esame dei vari casi, emerge una soggettiva interpretazione la quale, rivela una personale carenza conoscitiva e nel contempo, un procedimento superficiale per la mancata indagine informativa. Per quanto riguarda la Daunia e la Frentania, nel corso delle verifiche sono emerse identificazioni falsate ove la più grave è quella attinente al fiume di confine tra i due territori, traslato dal Tiferno tolemaico al Fortore, per via delle implicazioni che ne scaturirono. Lo spostamento del confine infatti, causando la metamorfosi dell’identità etnica dauna in frentana, veniva a sconvolgere le dimensioni geografiche dei due territori estendendo la Frentania e contraendo la Daunia. Una alterazione che implicava problematiche etnico topografiche nella storiografia sia della Daunia che della Frentania, a causa del divario tra le sopraggiunte opinioni e, le conoscenze classiche. Il nuovo confine etnico nel fiume Fortore, acquisito in modo acritico, in quanto attribuito direttamente a Tolomeo,  come si riscontra nella riedizione postume dell’opera dell’Alberti, edita soltanto due anni dopo nel 1577. Il testo venne manipolato nell’ottica delle recenti novità ed esplicato nel frontespizio: “Aggiuntovi di nuovo, a suoi luoghi, tutto quello, ch’è successo fino all’anno 1577. E tutto ricorretto. Una manipolazione che certo non fa onore allo scrupoloso realismo dell’Alberti, dato che l’uso di questa edizione prevalse perché aggiornata”.

La sopraggiunta convinzione che Tolomeo avesse indicato la nostra Larinum  come frentana, potenziata

dalla conseguente ambiguità scorta in Plinio, ha costruito il presupposto di discordanza tra le stesse fonti classiche dato che le altre, la indicano dauna. La nostra circostanziata ricerca invece ne ha verificato la concordanza proprio con l’evidenziarsi dei principi geografici di Strabone e di Tolomeo, quali strumenti fondamentali per l’inquadramento dell’ambito territoriale sia della Daunia che della Frentania”.

Cenni storici delle relazioni tra Capitanata e Molise dal Regno di Napoli ai nostri giorni


Dalla “NOVA SITUATIONE DE PAGAMENTI FISCALI DE CARLINI 5 PER FOCO DELLE PROVINCIE DEL REGNO DI NAPOLI, & ADOHI DE BARONI, E FEUDATARIJ, DAL PRIMO DI GENNARO 1669, AUANTI, FATTA PER LA REGIA CAMERA DELLA SUMMARIA DI ORDINE DELL’ILLUSTRISSIMO, & ECCELLENTISSIMO SIGNORE D. PIETRO ANTONIO DE ARAGONA CAVALIERO, E CLAVIERO DELL’ORDINE D’ALCANTARA, GENTIL’HUOMO DI CAMERA DI S.M. DEL SUO CONSEGLIO DI GUERRA; CAPITANO DELLA GUARDIA ALEMANA, PRINCIPALE DI UNA COMPAGNIA D’HUOMINI D’ARMI DELLE GUARDIE VECCHIE DI CASTIGLIA, AMBASCIATORE ORDINARIO APPRESSO SUA SANTITA’, VICERE’, LUOGOTENENTE, E CAPITAN GENERALE IN QUESTO REGNO DI NAPOLI” edita in Napoli, nella regia stampa di Egidio Longo.

Nel 1670, il Regno di Napoli risultava ripartito nelle seguenti 12 province (pag. 9 e ss.):

Regioni del Regno di Napoli

oltre i centri, dati per disabitati, di Casal Castiglione, Casal Cerreto (o Cerritiello), Castel Cerreto e Monte la Teglia.
Gli abitanti, calcolati in base ai 12.876 fuochi, erano 64.380.

La Capitanata comprendeva i Comuni di:
1) Ascoli
2) Alberono (Alberona)
3) Alarino (Larino/CB)
4) Baselice/BN
5) Bovino
6) Castelpagano/BN
7) Celza Maggiore (Cercemaggiore/CB)
8 )  Candela
9) Chieuti
10) Cagnano (Cagnano Varano)
11) Cerignola
12) Castelvetere (Castelvetere in Val Fortore/BN)
13) Celenza (Celenza Valfortore)
14) Campo Marino (Campomarino/CB)
15) Castelluccio degli Schiavi (Castelluccio Valmaggiore)
16) Colle Torto (Collotorto/CB)
17) Casal Nuovo (Casalnuovo Monterotaro)
18) Casal Vecchio (Casalvecchio di Puglia)
19) Casal di Carlentino (Carlantino)
20) Casal di Vico (Casalciprano/CB)
21) Colle (Colledanchise/CB)
22) Cervello (Circello/BN)
23) Castelluccio delli Sauri (Castelluccio dei Sauri)
24) Casal di S. Agata “noviter erecto” (Sant’Agata Irpina/AV)
25) Delcito (Deliceto)
26) Deruri (Ururi/CB)
27) Ferrazzano/CB
28) Foggia
29) Forano (Forano di Val Fortore/BN)
30) Guidone (Gildone/CB)
31) Goglionise (Guglionesi/CB)
32) Ischitella
33) Ielsi/CB
34) Lucera
35) Lesena (Lesina)
36) Manfredonia
37) Montenegro (Montenero di Bisaccia/CB)
38) Macchia (Macchia Valfortore/CB)
39) Monaci Liuni (Monacilioni/CB)
40) Monte S. Angelo
41) Motta Monte Corvino (Motta Montecorvino)
42) Montelongo/CB
43) Monteaguto (Montaguto/AV)
44) Mongilfuni (Montecilfone/CB)
45) Procina (Apricena)
46) Pretacatello (Pietracatella/CB)
47) Preta Monte Corvino (Pietra Montecorvino)
48) Panni
49) Porto Cannone (Portocannone/CB)
50) Pieschici (Peschici)
51) Petacciata (Petacciato/CB)
52) Rosito (Roseto Valfortore)
53) Rodi (Rodi Garganico)
54) Regnano (Rignano Garganico)
55) Rotrello (Rotello/CB)
56) S. Bartolomeo in Galdo/BN
57) S. Marco la Catola
58) S. Elia (S. Elia a Pianisi/CB)
59) Serra Capriola (Serracapriola)
60) Sant’Agata (Sant’Agata di Puglia)
61) S. Nicandro (S. Nicandro Garganico)
62) S. Marco in Lamis
63) S. Martino (S. Martino in Pensilis/CB)
64) S. Giovanni Rotundo (S. Giovanni Rotondo)
65) S. Iacovo (San Giacomo degli Schiavoni/CB)
66) S. Giuliano (S. Giuliano di Puglia/CB)
67) S. Croce (S. Croce di Magliano/CB)
68) S. Paulo (S. Paolo di Civitate)
69) San Siviero (San Severo)
70) Troya (Troia)
71) Torre Maggiore (Torremaggiore)
72) Tufara/CB
73) Termoli/CB
74) Volturara (Volturara Appula)
75) Vico (Vico del Gargano)
76) Ursara (Orsara di Puglia)
77) Venifro (Venafro/IS)
78) Volturino (Volturino)
79) Viesti (Vieste)

Gli abitanti, calcolati in base ai 17.090 fuochi, erano 85.450.

All’epoca, quindi, i Comuni di: Campomarino, Collotorto, Ferrazzano, Guglionesi, Ielsi, Larino, Monacilioni, Montecilfone, Montelongo, Montenero di Bisaccia, Petacciato, Pietracatella, Portocannone, Rotello, San Giacomo degli Schiavoni, San Giuliano di Puglia, San Martino in Pensilis, Santa Croce di Magliano, Sant’Elia a Pianisi, Termoli, Tufara ed Ururi, oggi in provincia di Campobasso, e Castelpagano, Macchia e Venafro, oggi in provincia di Isernia, appartenevano tutti alla Capitanata che, pertanto, col suo territorio inglobava quasi interamente quello del Contado di Molise.

Una provincia immensa la Capitanata di allora, la più grande d’Italia per estensione territoriale!

E ciò non desta meraviglia sol che si consideri l’odierna estensione della Provincia Monastica dei Cappuccini di Foggia, che ancora regge i conventi di: Agnone (IS), Campobasso (CB), Cerignola (FG), Foggia
(FG), Gesualdo (AV), Isernia (IS), Larino (CB), Montefusco (AV), Morcone (BN), Pietrelcina (BN), S. Giovanni Rotondo (FG). S. Marco la Catola (FG), San Severo (FG), S. Elia a Pianisi (CB), Serracapriola (FG), Tora (CE), Venafro (IS), Vico del Gargano (FG).

Questa Provincia Religiosa, eretta formalmente nel 1555, fu vittima della soppressione dei conventi , operata dal Regno d’Italia con Lg.7.7.1866 n° 3036, e nel 1892 commissariata, ma si riprese negli attuali confini nel 1903, e mai fu dipendente dalla Provincia di Puglia, fondata nel 1530.

E’ naturale quindi che i legami storici, etnici, ed economici tra le due province della Capitanata e del
Contado di Molise, testimoniati peraltro dalla distribuzione geografica dei relativi territori, fossero tanto forti ed intensi che, sebbene la seconda fosse stata sino allora retta da un Luogotenente del Giustiziere della Terra di Lavoro, con separato Tribunale che teneva udienze sia a Campobasso che a Boiano e Limonano, Il Viceré Don Pedro di Toledo le volle riunire in un unico circondario, avente per capoluogo Lucera.
Tale era la situazione che Giuseppe Maria GALANTI (S. Croce del Sannio 24.11.1743 – Napoli 16.10.1806) riscontrò, riferendone il 27 settembre 1771 al Re Ferdinando IV di Borbone, che gliene aveva commesso l’incarico.

Nel 1799, con la creazione della Repubblica Partenopea (gennaio – giugno 1799) la nuova amministrazione municipale di Foggia (Presidente: Ludovico FREDA – Segretario: Giovanni PEPE), eletta il 7 febbraio 1799, chiese che la città fosse dichiarata concapitale e il Gen. Jean Etienne Championnet (Valence 1762 – 1800), accogliendone l’istanza, dichiarò Foggia Capoluogo delle due province di Capitanata e Contado di Molise, così unificate.

Nel 1806 Joseph Bonaparte, divenuto Re di Napoli, a distanza di tre mesi dalla sua visita a Foggia (8 maggio 1806), in esecuzione della Lg. 9.8.1806 n° 132, con Real Dispaccio diretto al Presidente della Provincia di Capitanata, confermò Foggia capoluogo delle due Province unite di Capitanata e Contado di Molise, stabilendo in essa la Prefettura e l’Intendenza. Con successiva Lg. 27.9.1806 n° 189, fu concessa l’autonomia al Contado di Molise con Intendenza a Campobasso e Sottintendenza a Isernia, lasciando a Foggia la Prefettura.

In seguito il Maresciallo di Francia: Joachim Murat (Labastide-Murat 1767 – Pizzo di Calabria 1815) successore di Joseph Bonaparte, chiamato a reggere il trono di Spagna e delle Indie, a seguito di una visita a Foggia, con decreto del 26 settembre 1808, concesse alla città il Tribunale Civile e Penale per la provincia di Capitanata.

Per il seguito, fu preservato l’ordinamento amministrativo dato alle due province della Capitanata e del Contado di Molise, che nemmeno la restaurazione borbonica ebbe peraltro a mutare.

Una modificazione di detto ordinamento si ebbe invece con l’unità d’Italia, quando il Regno, estremamente unitario e centralizzato, sul modello piemontese, venne, sotto il solo profilo amministrativo, diviso in
province configurando due province separate. quella di Campobasso, comprendente l’intero territorio dell’attuale Molise e l’altra di Foggia, comprendente un territorio ridotto rispetto a quello dell’antica Capitanata (proprio per la cessione di una sua parte a favore della provincia di Campobasso), dalla valle ultra del Fortore alla valle citra dell’Ofanto, con capoluogo Foggia e sottoprefetture a Bovino e San Severo.

In seguito la Carta Costituzionale della Repubblica Italiana del 27 dicembre 1947, ripartendo il territorio in Regioni (art. 114), accorpava la provincia di Campobasso agli Abruzzi per formare la Regione Abruzzi e Molise, e quella di Foggia alle Puglie per formare la Regione Puglia (art. 131).

Fu questa una ripartizione del tutto antistorica oltre che immotivata sotto il profilo etnico, culturale ed economico, in quanto l’ex Contado di Molise nulla aveva in comune con gli ex Apruzzi citra e ultra e tanto meno la Capitanata nulla aveva in comune con le Puglie (ex Terre di Bari e d’Otranto), diventando pertanto entrambe le province enti territoriali periferici di artificiali megaregioni, con tutte le inevitabili conseguenze di degrado ed emarginazione.

Il Parlamento ne convenne, allorché con Lg. Costituzionale 27.12.1963, raccogliendo l’istanza dei molisani, divise la Regione Abruzzi e Molise in due distinte regioni: l’Abruzzo, che unificava gli Apruzzi citra ed ultra d’un tempo, ed il Molise che raggruppava in un unico contesto amministrativo i territori dell’ex Contado di Molise e dei Comuni del nord tavoliere facenti parte, in passato, della provincia di Capitanata.

Non provvedeva nel contempo a separare, per analoghe ragioni, la Capitanata dalla regione Puglia e ad unirla al Molise in quanto, nella circostanza, la classe politica foggiana brillò per mancanza di lungimiranza ed assenza di iniziativa politica, benché durante l’Assemblea Costituente, la Capitanata, a furor di popolo e per voce dei suoi maggiori rappresentanti e amministratori, si fosse espressa contro la sua aggregazione alla regione Puglia.

a cura del Prof. Emilio BENVENUTO